“Per me questo è il pericolo più forte in questo tempo: la mondanità spirituale, che ti porta al clericalismo”.
Lo ha detto, a braccio, il Papa, che ricevendo ieri in udienza i gesuiti del Collegio del Gesù di Roma ha spiegato: “Crescere, mettere radici significa lottare senza tregua contro ogni mondanità spirituale, che è il male peggiore che ci può accadere, come diceva padre de Lubac”. “Se la mondanità intacca le radici, addio frutti e addio pianta”, l’esempio scelto da Francesco: “Se invece la crescita è un costante agire contro il proprio ego, ci sarà molto frutto. E mentre lo spirito nemico non si arrenderà nel tentarvi a cercare le vostre ‘consolazioni’, insinuando che si vive meglio se si ha ciò che si vuole, lo Spirito amico vi incoraggerà soavemente nel bene, a crescere in una docilità umile, andando avanti, senza strappi e senza insoddisfazioni, con quella serenità che viene da Dio solo”. “Siete chiamati in questi anni a crescere, affondando le radici”, la consegna del Papa: “La pianta cresce dalle radici, che non si vedono ma sostengono l’insieme. E smette di dare frutto non quando ha pochi rami, ma quando si seccano le radici. Avere radici è avere un cuore ben innestato, che in Dio è capace di dilatarsi”.

“A Dio, semper maior, si risponde col magis della vita, con entusiasmo limpido e prorompente, col fuoco che divampa dentro, con quella tensione positiva, sempre crescente, che dice ‘no’ ad ogni accomodamento”, il monito di Francesco: “È il ‘guai a me se non annuncio il Vangelo’ dell’apostolo Paolo, è il ‘non mi sono fermato un istante’ di san Francesco Saverio, è ciò che spingeva sant’Alberto Hurtado a essere freccia appuntita nelle membra addormentate della Chiesa. Il cuore, se non si dilata, si atrofizza. Se non si cresce, si appassisce”.

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