“Che cosa stiamo cercando di consegnare ai giovani?”. Se lo chiede don Michele Falabretti, responsabile del Servizio nazionale per la pastorale giovanile della Cei, intervenendo alla prima giornata del Convegno nazionale di pastorale universitaria “Chiesa e università, cantieri di speranza”, promosso ieri e oggi a Roma dall’Ufficio nazionale per l’educazione, la scuola e l’università in collaborazione con lo stesso Servizio nazionale. “I processi di crescita – osserva – non sembrano fallire per la loro incapacità, ma per la fatica degli adulti. Per alcuni versi hanno paura dei giovani perché avvertono il loro mondo troppo ‘smart’; per altri li vorrebbero imitare perché hanno paura di invecchiare e, comunque, li tengono in panchina”. “Un vero e proprio corto circuito: i giovani sono in cerca di guide ma gli adulti li cercano perché ne vorrebbero trattenere le caratteristiche”. Questo, avverte “si sta sentendo anche in termini di vita della Chiesa”.
Don Falabretti ricorda che “quando uscì il documento del Sinodo ci siamo accorti che il discernimento vocazionale è abbastanza sicuro e chiaro per chi sceglie la vita religiosa, ma per un giovane che non ha questo orientamento è molto più complicato. Questo ci deve portare a rileggere tutta la nostra capacità di accompagnare i processi di discernimento vocazionale, quale che sia la vocazione”. Dallo scorso settembre ad oggi sono una sessantina gli incontri nelle diocesi ai quali il sacerdote ha partecipato. “Ho sentito – dice – la domanda di una presenza della Chiesa nell’università. I vescovi hanno intuito che l’università è un luogo strategico; ora si tratta di capire come costruire e sviluppare meglio questa presenza”.