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A tu per tu con Salvatore Martinez: “Chi è contro l’uomo, è contro Dio”

M. Chiara Biagioni

“Il nemico contro cui lottare non è soltanto l’odio, in tutte le sue forme ma, ancor più alla radice, l’indifferenza; perché è l’indifferenza che paralizza e impedisce di fare quel che è giusto anche quando si sa che è giusto”. Si è aperto con questo monito il discorso che Papa Francesco ha rivolto questa mattina (29 gennaio) nella Sala Clementina del Palazzo Apostolico ai partecipanti alla Conferenza internazionale sulla responsabilità degli Stati, delle Istituzioni e degli Individui nella lotta all’antisemitismo e ai crimini connessi all’odio antisemitico. La Conferenza che si è tenuta oggi a Roma presso il ministero degli Affari esteri ed è stata organizzata dal ministro Alfano nel quadro della presidenza italiana Osce 2018, in collaborazione con l’Unione delle Comunità ebraiche italiane e la Fondazione Centro di documentazione ebraica contemporanea. Una giornata intensa di lavori in cui i partecipanti si sono confrontati sulla responsabilità dei legislatori e dei dipendenti pubblici; sul ruolo della religione; sulla sfida delle piattaforme digitali; sul compito degli educatori e dello sport. Abbiamo chiesto un bilancio dell’iniziativa a Salvatore Martinez che recentemente è stato nominato dal ministro Alfano rappresentante personale della presidenza italiana in esercizio Osce 2018 per la “lotta a razzismo, xenofobia e discriminazione”.

Il Papa ha parlato di odio ma anche d’indifferenza chiedendo di “fermentare una cultura della responsabilità, della memoria e della prossimità”. Come sono state recepite queste sue parole?
Odio e indifferenza sono due parole strettamente connesse. Bisogna stare attenti perché se indifferenza significa silenzio, incapacità di cogliere i drammi della storia e le urgenze del tempo, se significa non avere più orrore dinanzi al male, è chiaro che

la coscienza è deteriorata e odio, razzismo, discriminazione e antisemitismo sono sinonimi di una condizione umana degenerata.

La causa dell’antisemitismo ritorna oggi attuale ed è per questo che la presidenza italiana in esercizio Osce 2018 la pone all’inizio di questo suo cammino. È un tema che indubbiamente sfida gli Stati che compongono l’Osce, perché forme di discriminazione religiosa e d’intolleranza quali la xenofobia e il razzismo sono molto più diffusi di quanto si possa immaginare. Siamo sinceramente preoccupati nel vedere che i giovani sono il più delle volte totalmente estranei a questi argomenti anche perché la loro sensibilità religiosa, in un tempo neopagano in cui Dio è escluso, è fortemente compromessa.

Oggi la presidente dell’Unione delle comunità ebraiche, Noemi di Segni, ha detto che l’antisemitismo c’è e se un tempo veniva propagato da soggetti istituzionali ben definiti e con un’attenta pianificazione, oggi la propagazione dell’odio viaggia sui “tasti pigiati con velocità e spensieratezza”. Come combattere la nuova sfida del messaggio virale?
Il Papa ha usato un’altra parola: responsabilità coniugata alla memoria. È chiaro che il concetto di memoria non è soltanto legato all’esercizio del ricordare ma è la capacità di costruire nuovi processi di pace, giustizia sociale, tolleranza e rispetto. Certo, è purtroppo un dato oggettivo il fatto che

i social network sono sempre più allettati alla propagazione del male e alla facilitazione di forme d’intolleranza, insubordinazione, vilipendio della religione.

Bisognerebbe che ci fosse un ethos decisamente più allertato rispetto a queste emergenze perché le conseguenze sono sotto ai nostri occhi. Faccio un esempio concreto: oggi il bullismo non è più soltanto una forma di sopraffazione verso un giovane più debole rispetto al branco. È diventato e lo conosciamo sempre più nelle forme di bullismo razziale e religioso per cui si discrimina anche in nome dell’appartenenza a una religione.

A quali piste concrete il governo italiano sta lavorando?
La prima è che la presidenza italiana all’Osce ha deciso d’iniziare questo suo cammino indicendo questa Conferenza sull’antisemitismo in concomitanza con il Giorno della memoria. Speriamo che diventi una tradizione anche per le presidenze successive. Certamente proporremo un evento sul tema della discriminazione cristiana e musulmana. C’è poi un altro anniversario e sono i 70 anni della dichiarazione dei diritti dell’uomo che vorremmo rileggere alla luce dell’attualità. La presidenza italiana si impegnerà poi di giungere al Consiglio ministeriale di dicembre a Milano a chiusura di questo anno con alcune proposte sul tema dei diritti umani che possano essere ratificate con il consenso degli Stati che appartengono all’Osce.

È vero, come qualcuno oggi ha detto, che da Roma è partita un’alleanza dei popoli contro ogni forma di razzismo e antisemitismo?
Parlerei di un forte segnale a condizione però che siano le nuove generazioni a segnare il passo. E a patto che in un mondo globalizzato, le religioni abbiano la responsabilità di prendersi per mano, camminare insieme, non auto-discriminarsi e rendere onore a Dio perché chi rende onore a Dio rende onore all’uomo. Chi è contro l’uomo, è contro Dio. La domanda “Dov’è Dio? Dov’è l’uomo?” è ricorsa continuamente in questa giornata. Partire dai diritti umani, direi di più dal cuore dei diritti che è la libertà religiosa, credo che sia un grande atto di amore per la vita degli Stati, un segno di speranza.

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