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Papa Giovanni XXIII patrono dell’esercito: mons. Galantino, “non capisco perché la gente che porta la divisa non possa pregarlo”

“Abbiamo dato un patrono agli schermitori, ai macellai…non capisco perché la gente che porta la divisa non possa pregare Giovanni XXIII”. Con questa battuta monsignor Nunzio Galantino, segretario generale della Cei, ha risposto ad una domanda sulla decisione di nominare il “Papa buono” patrono dell’esercito. “Ne abbiamo discusso”, ha riferito nella conferenza stampa di chiusura del Consiglio permanente dei vescovi italiani. “Bisogna distinguere tra il modo di procedere e l’effetto che si è ottenuto”, ha precisato, ricordando che “la Conferenza episcopale italiana non è stata assolutamente coinvolta in questo tipo di pronunciamento e decisione”. “Il Consiglio episcopale permanente – ha reso noto  ha confermando l’apprezzamento del lavoro che i 200mila cappellani militari svolgono in Italia”, ad esempio nel ruolo svolto nell’operazione “Strade Sicure”, “dove riescono a far allentare il senso di paura della gente. In Italia buona parte dei militari sono impegnati in questo”. Da parte della Chiesa, ha ribadito il segretario generale della Cei, “non c’è nessun atteggiamento di disprezzo, anzi, sicuramente c’è apprezzamento nei confronti dell’esercito italiano per tutto quello che sta facendo: sono uomini, donne, papà di famiglia, ragazze che stanno lì perché ci credono e devono darsi da campare”. Poi un auspicio: “Io spenderei un po’ meno soldi sugli armamenti e comincerei a badare un po’ di più al tema della famiglia”. “Non penso che una raccolta firme possa portare indietro l’orologio”, ha aggiunto Galantino a proposito delle polemiche sul santo patrono.

Redazione:

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  • «Oh, il mondo come è brutto, quanta schifezza, che lordura! Nel mio anno di vita militare l’ho ben toccato con mano. Oh, come l’esercito è una fontana donde scorre il putridume, ad allagare la città. Chi si salva da questo diluvio di fango, se Dio non lo aiuta?»
    «Deo Gratias. Mi sono recato all’Infermeria presidiaria per la mia visita di congedo alla Direzione dell’ospedale militare; e tornato a casa ho voluto staccare da me stesso, dai miei abiti tutti i segni del servizio militare, signa servitutis meae. Con quanta gioia l’ho fatto!».
    (Angelo Roncalli)