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Cardinale Bassetti: servono i cattolici per “rammendare il tessuto sociale dell’Italia”

M.Michela Nicolais

In Italia servono cattolici che sappiano “rammendare il tessuto sociale dell’Italia con prudenza, pazienza e generosità”. Che sappiano unire il Paese e non dividerlo, o peggio dividersi tra “cattolici della morale” e “cattolici del sociale”. Si è conclusa con questo forte appello all’impegno la prima prolusione del cardinale Gualtiero Bassetti da presidente della Cei. “La dignità della persona umana non è mai calpestabile e deve essere il faro dell’azione sociale e politica dei cattolici”, la consegna durante l’apertura del Consiglio permanente: non ci si può “prendere cura dei migranti e dei poveri per poi dimenticarsi del valore della vita” o, al contrario, “farsi paladini della cultura della vita e dimenticarsi dei migranti e dei poveri, sviluppando in alcuni casi un sentimento ostile verso gli stranieri”. Quatto gli ambiti da non disertare: il lavoro, i giovani, la famiglia e le migrazioni. Tra le richieste, una “nuova cittadinanza” per i migranti che nascono in Italia e il “fattore famiglia” per contrastare la denatalità. No a “cultura della paura” e xenofobia: “A noi interessa che l’Italia diventi un Paese migliore”.

“Sento una grande responsabilità che si addolcisce nella consapevolezza di servire la Chiesa italiana”,

esordisce il cardinale a proposito del suo nuovo incarico: il primo grazie è ai parroci e ai giornalisti, il primo sentimento di vicinanza è alle donne vittime di violenza, alle vittime del terremoto in Centro Italia e a quelle dell’alluvione a Livorno.

In Italia, “quasi nulla è più come prima”, la constatazione di partenza. “Dobbiamo assumere la piena consapevolezza che stiamo vivendo in un mondo profondamente cambiato, in un’Italia molto diversa rispetto al passato e con una Chiesa sempre più globale”, la tesi di Bassetti sotto forma di esortazione. Di fronte a un uomo “spaesato, confuso e smarrito”, ad una umanità ferita che abita un mondo dove ormai è emersa “una nuova questione sociale”, la profezia di Papa Francesco chiede alla Chiesa italiana una “conversione pastorale” che è “l’esercizio della maternità della Chiesa, di una Chiesa che è incarnata nella storia”.

Lo spirito missionario, la spiritualità dell’unità e la cultura della carità sono le bussole di orientamento per la Chiesa italiana. “Prima il Vangelo”, sine glossa, come quello di Francesco d’Assisi rilanciato da don Primo Mazzolari, è allora l’imperativo per un annuncio di amore ad ogni uomo e ad ogni donna, senza imporre nulla: “Molto si fa nelle nostre Chiese, ma questo cammino va accelerato”, la proposta. Alla tentazione di andare ognuno per la sua strada, si risponde con parresia, collegialità e dialogo, a partire dal Consiglio permanente della Cei fino alla più piccola parrocchia d’Italia.

“La cultura della carità è la cultura dell’incontro e della vita, che si contrappone alla cultura della paura, dello scarto e della divisione”,

dice Bassetti esortando la Chiesa italiana in tutte le sue articolazioni ad abbracciare l’opzione preferenziale per i suoi poveri. La povertà è ancora oggi uno scandalo per i benpensanti, come denunciava già don Mazzolari. Andare verso i poveri, invece, è il cuore della proposta cristiana, e la “cultura della carità” è anche “cultura di una vita che va difesa sempre: sia che si tratti di salvare l’esistenza di un bambino nel grembo materno o di un malato grave; e sia che si tratti di uomo o una donna venduti da un trafficante di carne umana”.

Il lavoro, i giovani, la famiglia, le migrazioni: sono gli ambiti su cui la Chiesa italiana è chiamata a fare un serio discernimento.

“Oggi il lavoro è senza dubbio la priorità più importante per il Paese e la disoccupazione giovanile è la grande emergenza”, dice Bassetti dopo aver citato le parole pronunciate dal Papa a Genova. “Nonostante in Italia ci siano piccoli segnali di ripresa per l’economia, non posso non essere preoccupato di fronte agli 8 milioni di poveri descritti dall’Istat, la metà dei quali non ha di cosa vivere”, il grido d’allarme. In materia di lavoro, oggi, “ci sono tante affermazioni gridate, ma forse manca un pensiero lungo sul Paese”. È in questa prospettiva che si colloca la prossima Settimana Sociale di Cagliari.

“Sui giovani si gioca la parte più importante della missione della Chiesa”, dice Bassetti a proposito della seconda priorità. “I giovani ci stanno profondamente a cuore”, prosegue citando don Milani come viatico per il prossimo Sinodo dei vescovi”: quando ci si rivolge a loro, bisogna mettere al bando la retorica e fare spazio alla verità.

La Chiesa è un popolo di famiglie: in un Paese caratterizzato da un crescente aumento di convivenze, separazioni e divorzi, e da un tasso di natalità che continua a diminuire drammaticamente, guardare alla famiglia in modo concreto significa prima di tutto farsi carico delle sue fragilità. Sul piano pastorale, bisogna recepire “con autenticità” sul territorio lo spirito dell’Amoris Laetitia, mentre sul piano sociale la richiesta alle istituzioni è di introdurre misure concrete, come il “fattore famiglia”.

“Promuovere una pastorale per i migranti significa difendere la cultura della vita in almeno tre modi: denunciando la tratta degli esseri umani e ogni tipo di traffico sulla pelle dei migranti; salvando le vite umane nel deserto, nei campi e nel mare; deplorando i luoghi indecenti dove troppo spesso vengono ammassate queste persone”. Nella sua prima prolusione, il cardinale Bassetti affronta a 360 gradi la questione migratoria: accogliere è il primo gesto, ma poi – come ha detto il Papa sull’aereo di ritorno dalla Colombia – servono “prudenza, integrazione e vicinanza umanitaria”, responsabilità nel salvaguardare i diritti di chi arriva e i diritti di chi accoglie.

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