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Sette libri per l’estate. Intenso e salutare training dell’anima

Di Marco Testi

Leggere un libro può essere anche una cura: la scoperta di un messaggio che aiuta in un momento di crisi o di smarrimento, o semplicemente di ricerca. Lettura come vita, in poche parole. Qui di seguito vi forniamo sette schede di libri “sempreverdi”, come in un intenso ma salutare training dello spirito. L’estate serve anche a questo.

“Discorso all’ufficio oggetti smarriti” di Wisława Szymborska (Adelphi)

La poetessa polacca spentasi nel 2012, premio Nobel 1996, emerge con tutta la sua grandezza: poesia a volte impegnata, come in “Campo di fame presso Jaslo”, a volte tesa a dire l’amore con i suoi limiti, ironica, profonda, capace di far vivere perfino le cose, come in una pinacoteca di notte, allorché al suono del telefono, i ritratti “superbamente assenti, con ricche vesti o senza/ trattano quell’allarme con noncuranza”.

“Il piccolo Principe” di Antoine de Saint-Exupéry (Ancora)

In apparenza libro per ragazzi, in realtà una splendida parabola, corredata da passi biblici che aiutano a comprendere alcuni “debiti” con le Scritture del narratore-pilota scomparso nel 1944. Una storia di incontri inaspettati e addii sofferti, e però, come tutte le cose del mondo, necessari. E che ci insegna una cosa: a non fissarci sul passato, nel tentativo di recuperarlo, semplicemente perché quel passato ha preso a vivere già dentro di noi.

“Uno nessuno e centomila” di Luigi Pirandello (Einaudi)

L’ultimo romanzo dello scrittore siciliano, edito in rivista tra il 1925 e il ‘26, non esprime, come a molti è sembrato, il pessimismo “decadente”, ma, anzi, fa capire come sia possibile rinascere ad una vita nuova, se lo vogliamo. Un uomo capisce che la sua vita fatta di abitudini e di cose non ha un vero senso. Lascia tutto e si riappropria del suo vero sé. Il laicissimo Pirandello sembra subire il fascino senza tempo di un evento accaduto nella Assisi di più di settecento anni prima. Il che dimostra che, nella vera letteratura, le sorprese non finiscono mai.

“Il cantico di frate sole”, di san Francesco (in qualsiasi antologia della letteratura italiana e sul web)

Non è un romanzo, né una raccolta di liriche, ma una sola composizione, che però ha cambiato la storia di tante persone, oltre ad aver avuto un fascino incredibile sulla letteratura a venire. Visto che ne abbiamo parlato, eccolo il modello originario, composto forse nell’Eremo di san Damiano, secondo alcuni, nella chiesetta della Foresta presso Rieti, (o, nell’ultima parte, alla Porziuncola), tra il 1224 e il 1225. In questa serie di laudi legate da assonanze, influenzate dal Salmo 148 e dall’episodio biblico dei tre giovinetti nella fornace, Francesco privilegia lo stupore di fronte al mondo. L’uomo ha dentro di sé la capacità di godere della bellezza del creato, d’intuire che quello che gli altri cercano nella ricchezza e nel potere, è invece a portata di mano, messa sotto i nostri occhi.

“La leggenda del santo bevitore”, di Joseph Roth (Adelphi)

Il romanzo ha molto di autobiografico, nel senso che lo scrittore austriaco negli ultimi anni della sua esistenza di esule (era fuggito in Francia subito dopo la presa del potere di Hitler) era diventato preda dell’alcol. Il protagonista, un vagabondo, ha fatto una promessa, e, costi quel che costi, la vuole mantenere: porterà nella chiesa che gli è stata indicata il denaro che ha avuto in prestito. Provvidenza, immagine femminile salvifica, pietas verso gli ultimi e fede, in Dio e realtà della provvidenza, ecco il messaggio che affascina – anche dopo tanti anni – nella lettura di questo libro.

“Antologia di Spoon River”, di Edgar Lee Masters (Einaudi)

Conosciuta da molti perché ha “suggerito” a Fabrizio De Andrè il disco “Non al denaro non all’amore né al cielo”, è un’opera in cui compassione per le vittime senza nome delle ingiustizie, visione di un Altrove illuminato dalla misericordia divina, potenza delle descrizioni delle passioni umane, diventano tutt’uno, e acquistano una forza profetica che poche altre opere poetiche possiedono. Il commovente omaggio di un visitatore ai destini di una intera comunità, che celebra la memoria di chi non lascia apparentemente traccia.

“Il giardino dei Finzi-Contini” di Giorgio Bassani (Mondadori)

Un racconto che riesce a dare un senso a ciò che apparentemente senso non sembra avere. Una amicizia profonda lega, fin dall’infanzia, il protagonista a Micòl Finzi-Contini e questo sembra essere il preannuncio di una storia d’amore e forse di una vita insieme. Ma Micòl lo rifiuta, apparentemente in modo brusco: sarà solo dopo la morte della fanciulla in un lager nazista che il narratore saprà che quel “no” è stato la sua salvezza. Un altro libro che ci fa capire come ci sia qualcosa di superiore alla brutalità della storia e che dà un senso alla nostra vita: la memoria come legame tra passato, presente ed eternità.

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