di M. Chiara Biagioni

FILIPPINE – Un abbandono che si trasforma in sorriso. Una solitudine che incontra una famiglia. È quello che succede da oltre 25 anni “A Piccoli Passi”, il Cottolengo che la Fondazione don Orione gestisce nelle Filippine nella città di Montalban, provincia di Rodriguez. La struttura che attualmente ospita 38 ragazzi, è uno dei progetti sostenuti con i fondi dell’8xmille destinati per gli interventi caritativi del Terzo mondo.

Ci sono Paesi nel mondo in cui la disabilità è un macigno troppo pesante da gestire. La metà dei ragazzi ospitati nel Cottolengo di Montalban è stata abbandonata in tenera età perché, quando in una famiglia, che già ha 4/5 bambini, nasce un bambino con una forte disabilità, spesso i genitori si trovano di fronte all’impossibilità di accoglierlo. “Molti dei ragazzi ospitati – racconta don Alessio Cappelli, presidente della Fondazione don Orione – li abbiamo trovati davanti alla porta del Cottolengo con un foglietto: “Ci penserà don Orione”.

E lì rimangono fino alla fine della loro vita. Il Cottolengo diventa la loro casa e chi si prende cura di questi ragazzi, diventa genitore, famiglia. “A piccoli passi”: vi lavorano 22 impiegati. Le varie attività sono animate da volontari e studenti. “Il centro ha le porte aperte”. L’ esperienza di abbandono e disabilità mette in moto la vicinanza e la solidarietà di un’intera comunità. Non “una casa di sofferenza”, né “un centro per problematiche senza vie di uscite”. Ma un luogo – dice don Alessio – dove è possibile “per i ragazzi ospitati ritrovare il sorriso e per chi sta accanto a loro scorgere una via per avvicinarsi a Dio e vivere una spiritualità”. È il carisma di don Orione. A spiegarlo è sempre don Alessio: “Un diamante con molte sfaccettature; ognuna riflette una luce propria ma il fulcro da cui emana questa energia è contenuta in una frase di don Orione: “In ogni uomo brilla l’immagine di Dio”.

Il centro è uno dei “progetti” che nell’ultima riunione di fine marzo, il Comitato per gli interventi caritativi del Terzo mondo ha approvato: un totale di 82 progetti per i quali sono stati stanziati 14.134.637 euro.

In Africa, per esempio, i fondi andranno, alla Repubblica Democratica del Congo, dove le suore missionarie di San Carlo Borromeo gestiscono un centro per ragazze madri. In Burkina Faso serviranno invece per attivare corsi di agro-economia presso l’Università Privata Politecnica e contrastare così l’esodo dei giovani verso l’Europa; in Mali, contribuiranno a far nascere un Centro professionale di Zura e in Sierra Leone a sostenere i servizi materno-infantili nell’ospedale cattolico St. John of God, nell’area Sud del distretto di Port Loko. Fondi dell’8xmille Cei sono andati anche in Asia: dalle Filippine al Bangladesh. E in Giordania alla Associazione Pro Terra Sancta che sta appoggiando l’operato di una piccola start-up locale nata per le donne irachene rifugiate ad Amman.

Interventi caritativi per il terzo mondo

Il Comitato si riunisce 6/7 volte l’anno ed è formato da 14 membri. Ne fanno parte tra gli altri anche esperti scelti tra professori universitari, medici, ingegneri, persone che hanno esperienza di cooperazione. Ogni volta che si riuniscono, parte da Roma un fiume di generosità che raggiunge appunto ogni angolo della terra, anche più sperduto ma dove operano a fianco degli ultimi missionari, operatori, sacerdoti. Dal 1990 ad oggi sono 14.529 i progetti realizzati grazie ai fondi 8xmille che la Chiesa italiana decide di destinare ai Paesi in via di sviluppo. Solo nell’ultimo quadriennio (2013/2016) ne sono stati approvati 2.727 per un importo complessivo di euro 370.432.687,49.

Il prossimo incontro si terrà nella sede della Cei il 26 e il 27 maggio e verranno presi in considerazione circa 125 progetti.

“Se non ci fosse questo aiuto che lo Stato italiano dona alla Chiesa grazie ai contributi presi dalle tasse, noi non potremmo fare quello che stiamo facendo e tante realtà come la nostra non esisterebbero”, dice don Alessio, che aggiunge: “L’esperienza del Cottolengo è in questo senso emblematica. È universale, aperto a tutti.

Quando qualcuno bussa alla nostra porta, non gli chiediamo se è cristiano o no.

Gli apriamo la porta perché ha una sofferenza. È l’universalità che il don Orione ha sempre avuto e che noi oggi cerchiamo di portare avanti in tutti quei posti del mondo in cui siamo presenti”.

 

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