L’economia di comunione “per ora è limitata ad un piccolo numero di imprese, piccolissimo se confrontato al grande capitale del mondo. Ma i cambiamenti nell’ordine dello spirito e quindi della vita non sono legati ai grandi numeri”.
Anzi, “non occorre essere in molti per cambiare la nostra vita: basta che il sale e il lievito non si snaturino”.
Così papa Francesco si è rivolto agli imprenditori legati a quest’esperienza nata 25 anni fa in seno al Movimento dei focolari, ricevendoli oggi in udienza in Vaticano. Bergoglio ha raccomandato la “qualità”, da privilegiare rispetto alla “quantità”: “Il sale non fa il suo mestiere crescendo in quantità, anzi, troppo sale rende la pasta salata, ma salvando la sua ‘anima’, la sua qualità. Tutte le volte che le persone, i popoli e persino la Chiesa hanno pensato di salvare il mondo crescendo nei numeri, hanno prodotto strutture di potere, dimenticando i poveri. Salviamo la nostra economia, restando semplicemente sale e lievito”. Ma come conservare “l’enzima della comunione”? Il principio è la “reciprocità”, il medesimo che un tempo si applicava per conservare il lievito madre. “Quando non c’erano i frigoriferi, per conservare il lievito madre del pane – ha ricordato Bergoglio – si donava alla vicina un po’ della propria pasta lievitata, e quando dovevano fare di nuovo il pane ricevevano un pugno di pasta lievitata da quella donna o da un’altra che lo aveva ricevuto a sua volta”. Insomma, “la comunione non è solo divisione ma anche moltiplicazione dei beni, creazione di nuovo pane, di nuovi beni, di nuovo Bene con la maiuscola”. “L’economia di comunione avrà futuro se la donerete a tutti e non resterà solo dentro la vostra ‘casa’. Donatela a tutti, e prima ai poveri e ai giovani, che sono quelli che più ne hanno bisogno e sanno far fruttificare il dono ricevuto”. “L’economia di oggi, i poveri, i giovani – ha concluso – hanno bisogno prima di tutto della vostra anima, della vostra fraternità rispettosa e umile, della vostra voglia di vivere e solo dopo del vostro denaro”.