MosulIl recente lancio dell’offensiva militare per riprendere Mosul ha costretto persone che avevano attraversato situazioni estremamente traumatiche a scappare dalla città e dai villaggi limitrofi. Lo denuncia Medici senza frontiere: “Hanno subito due anni di occupazione della loro città e dei loro villaggi da parte del cosiddetto Stato Islamico (Is), attacchi aerei, forze irachene che combattevano l’Is. Sono fuggiti per salvarsi la vita e sono arrivati in un campo sfollati”, afferma Bilal Budair, responsabile del progetto di salute mentale Msf a Erbil. “Queste persone sono dovute scappare molto in fretta, senza portare nulla con sé. E adesso si ritrovano confinati in un campo”. Circa 30.000 persone vivono in campi a Hassansham e Khazer, a 35 chilometri a est di Mosul. Le équipe Msf di salute mentale visitano circa 45 pazienti al giorno. Molti raccontano che sono stati testimoni di esecuzioni pubbliche al mercato e hanno visto cadaveri impiccati e lasciati per giorni sui ponti sopra il fiume. Morti procurate per decapitazione, lapidazioni, torture e punizioni fisiche – una violenza tale da lasciare molte persone profondamente traumatizzate. C’è anche un’altra causa di sofferenza tra le persone sfollate di recente: sono stati testimoni oculari dei combattimenti nei propri villaggi e quartieri, hanno visto morire amici e parenti. “Una donna è arrivata da noi con il figlio di 10 anni. La figlia di una sua amica è morta quando un colpo di mortaio ha colpito la loro casa. Lei e suo figlio hanno visto il cadavere della bambina, erano amici. Queste persone sono fuggite da Mosul o dai villaggi circostanti per trovare sicurezza nei campi. Ma sono ancora terrorizzate e vivono nella paura di dover subire ancora la violenza dello Stato Islamico”. Di fatto Msf è l’unica organizzazione a trattare casi gravi e fornire cure psichiatriche.

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