“Questo nuovo Sinodo, è bene ribadirlo con chiarezza, non è certo il frutto di una estemporanea moda ecclesiale ma è il prodotto autentico di un modo di essere Chiesa che proviene direttamente dal Concilio Vaticano II”. Così l’arcivescovo di Perugia-Città della Pieve, cardinale Gualtero Bassetti, riflette su “L’Osservatore Romano” a proposito del Sinodo dei vescovi dell’ottobre 2018, prendendo spunto dal motto di don Milani “I care”, ovvero “mi sta a cuore”. Secondo Bassetti le parole di don Milani “non rappresentano, infatti, solo il punto d’incontro tra le esigenze dell’allievo e quelle del maestro in una scuola dell’Italia degli anni Sessanta, ma si configurano anche, in una visione più vasta, come il momento di raccordo tra il mondo dei giovani e quello degli adulti e, in definitiva, tra le necessità delle famiglie di oggi e le istanze individualistiche di una società sempre più secolarizzata. In altre parole, quelle parole esprimono quello stesso amore e quella identica cura pastorale verso le giovani generazioni che scaturisce dall’annuncio del prossimo Sinodo dei vescovi”. Un appuntamento che si preannuncia “di eccezionale importanza” sia perché esprime quell’“essere Chiesa” proprio del Vaticano II, sia “perché ci troviamo di fronte a un drammatico paradosso del nostro tempo: la sconcertante superficialità con cui si parla dei giovani”. “Viviamo, infatti, in un mondo totalmente pervaso da immagini stereotipate di giovani bellissimi e fortissimi – prosegue il cardinale – che con i loro corpi e i loro sguardi occupano le copertine patinate di molti giornali e le fotografie di molte pubblicità. Tutto il discorso pubblico, inoltre, è caratterizzato da una retorica giovanilistica, soprattutto in politica, in cui molti dicono di spendersi per le giovani generazioni… Eppure, molto spesso si ha la sensazione di ascoltare un copione recitato a soggetto, senza anima e cuore”. Bassetti evidenzia come “i giovani sono sempre più spesso i nuovi poveri. Una povertà esistenziale – caratterizzata da ‘bambini orfani di genitori vivi’ e da ‘giovani disorientati e senza regole’ come ha scritto Francesco nell’Amoris laetitia – e una povertà sociale che significa convivere con una precarietà economica umiliante che, nel caso delle donne, si accompagna da un odioso ricatto: scegliere tra una maternità desiderata e un lavoro necessario”.