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Monache Clarisse: Il miracolo più grande… è una relazione che va oltre!

DIOCESI – Lectio delle Monache Clarisse del monastero Santa Speranza in San Benedetto del Tronto sulle letture di domenica 9 settembre.

Due sono i protagonisti della liturgia di questa domenica: Naaman, il comandante dell’esercito del re di Aram, nella prima lettura e un samaritano, nel Vangelo.
Hanno molto in comune questi due uomini: entrambi stranieri, non giudei, entrambi malati di lebbra, entrambi cercatori di guarigione. Naaman si rivolge al profeta Eliseo, uomo di Dio, il samaritano a Gesù.

Ad entrambi questi uomini viene chiesto un atto di obbedienza ad una Parola. «Va’, bagnati sette volte nel Giordano: il tuo corpo ti ritornerà sano e sarai purificato», dice Eliseo a Naaman; «Andate a presentarvi ai sacerdoti», dice Gesù al samaritano e agli altri nove lebbrosi che, con lui, gli si presentano davanti.

Gesti ordinari, nessuna esperienza straordinaria o eclatante, nessuna magia … ”solo” una Parola che chiede fiducia, affidamento!
Tutti furono purificati dalla lebbra … e la storia potrebbe concludersi qui ma …

Naaman «tornò con tutto il suo seguito da Eliseo, l’uomo di Dio; entrò e stette davanti a lui dicendo: Ecco, ora so che non c’è Dio su tutta la terra se non in Israele».
Il samaritano «vedendosi guarito, tornò indietro lodando Dio a gran voce, e si prostrò davanti a Gesù, ai suoi piedi per ringraziarlo».

C’è la fede dei nove lebbrosi, una fede che guarisce, sì, dalla lebbra, ma non salva. E c’è la fede del samaritano, come quella di Naaaman, fede che guarisce, sì, dalla lebbra, ma soprattutto salva!
«Alzati e va’; la tua fede ti ha salvato». Solo perché sono tornati indietro a ringraziare?

Puoi decidere di far rimanere il miracolo appena ottenuto una possibilità che la vita ti ha dato in quel momento di risolvere una determinata situazione … oppure … puoi tornare indietro e scegliere di giocarti in un relazione che va oltre, perché riconosci che quella esperienza non solo ti ha salvato dalla lebbra, dalla malattia, non solo ha ridonato libertà e dignità al tuo corpo malato ma, soprattutto, ha ridonato respiro, vigore alla tua anima.

Come ci dice San Paolo nella lettera a Timoteo, infatti, «la Parola di Dio non è incatenata»! Non è soggetta a leggi, a norme, a riti ma vuole essere essa stessa “norma, legge” di libertà per la nostra vita.

«Alzati», dice Gesù al lebbroso già guarito, perché tu possa proseguire il tuo cammino stabile, diritto sulla via che conduce a Gerusalemme, la via di una vita che ti chiederà di attraversare la Samaria, la Galilea, “terre” amiche, “terre” difficili, ma sempre tornando indietro, sempre ricordando, facendo esperienza e facendo memoria della salvezza che il Signore ha donato e continua a donare.

E’ bella, in questo senso, l’immagine del carico di terra che Naaman porta con sé, perché saranno tanti i paesaggi e le terre su cui sarai chiamato a camminare, ma questo camminare, nell’accoglienza continua della Parola che salva,  ti vedrà sempre “fermo” e stabile, con i piedi ben piantati in quella terra che è solo ed esclusivamente Cristo.

Redazione: