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Papa Francesco “Nella casa del Padre non si sta per avere un compenso ma per la dignità di figli”

Zenit di Luca Marcolivio

Pensare di essere premiati per il bene o castigati per il male, è estraneo alla logica di Gesù. Lo ha detto papa Francesco durante l’Udienza Generale di ieri, la cui catechesi ha avuto ad oggetto la celeberrima parabola del Figliol Prodigo (Lc 15,11-32).

Punto di partenza della meditazione del Pontefice è stata la “gioia del cuore del Padre”, vero protagonista della parabola ed emblema di misericordia. Quando il figlio minore ritorna e si dichiara indegno di essergli figlio (v.19), il padre avverte tale espressione come “insopportabile” e “si affretta a restituire al figlio i segni della sua dignità: il vestito bello, l’anello, i calzari”.

Non prova alcun risentimento il padre del figliol prodigo, non pensa: “me la pagherai!”. Il suo unico pensiero è che il figlio sia “davanti a lui, sano e salvo”. Lo ha atteso e l’abbraccio con cui lo accoglie è segno della sua “misericordia traboccante” che si manifesta “ancor prima che il figlio parli”.

L’ammissione d’aver peccato, da parte del figlio redivivo, si esprime in parole che “si dissolvono davanti al perdono del padre”, il quale, accogliendo calorosamente il figlio, gli fa capire che “è stato sempre considerato figlio, nonostante tutto, ma è sempre suo figlio”.

Questa “dignità” di figli, “frutto dell’amore del Padre”, non dipendendo “dai nostri meriti e dalle nostre azioni”, nessuno può togliercela, “nemmeno il diavolo”, ha detto il Papa.

La parabola del Figliol Prodigo, ha proseguito Francesco, è uno stimolo a “non disperare mai”, in particolar modo per le mamme e i papà “in apprensione quando vedono i figli allontanarsi imboccando strade pericolose” o i “parroci e catechisti che a volte si domandano se il loro lavoro è stato vano”.

Il Santo Padre ha menzionato anche chi è “in carcere” e “pensa che la sua vita sia finita”, quanti hanno compiuti “scelte sbagliate e non riescono a guardare al futuro”, coloro che “hanno fame di misericordia e di perdono e credono di non meritarlo”. Anche nella “situazione più brutta” della nostra vita, c’è sempre Dio ad attenderci, pronto ad abbracciarci.

La meditazione del Papa ha riguardato poi il figlio maggiore, anch’egli bisognoso di “scoprire la misericordia del padre”, rispetto al quale è molto diverso, perché “le sue parole mancano di tenerezza”, in quanto rinfaccia al genitore di averlo sempre servito e gli parla del fratello minore come “tuo figlio”.

“Si vanta di essere rimasto sempre accanto al padre e di averlo servito; eppure non ha mai vissuto con gioia questa vicinanza. E adesso accusa il padre di non avergli mai dato un capretto per fare festa”, ha commentato Bergoglio.

E intanto il padre misericordioso soffre: “un figlio se n’è andato, l’altro non gli è mai stato davvero vicino”. Parimenti soffrono Dio e Gesù “quando ci allontaniamo o quando pensiamo di essere vicini e invece non lo siamo”.

Il figlio maggiore interroga la coscienza di ognuno di noi, “quando ci domandiamo se valga la pena faticare tanto se poi non riceviamo nulla in cambio”. E tuttavia Gesù “ci ricorda che nella casa del Padre non si rimane per avere un compenso, ma perché si ha la dignità di figli corresponsabili”. Con Dio non c’è da “barattare” nulla, ha sottolineato il Pontefice; si tratta soltanto di “stare alla sequela di Gesù che ha donato sé stesso sulla croce senza misura”.

Se da un lato, il figlio minore temeva di meritare “un castigo a causa dei suoi peccati”, il maggiore si attendeva “una ricompensa per i suoi servizi”. I due fratelli “non parlano tra di loro”, sono molto diversi ma “ragionano entrambi secondo una logica estranea a Gesù: se fai bene ricevi un premio, se fai male vieni punito”, ha affermato Francesco.

“Senza il minore – ha aggiunto – anche il figlio maggiore smette di essere un “fratello”. La gioia più grande per il padre è vedere che i suoi figli si riconoscano fratelli. I figli possono decidere se unirsi alla gioia del padre o rifiutare. Devono interrogarsi sui propri desideri e sulla visione che hanno della vita”.

Il finale della parabola rimane “in sospeso” e questo “è uno stimolo per noi”, ha osservato il Santo Padre. “Questo Vangelo ci insegna che tutti abbiamo bisogno di entrare nella casa del Padre e partecipare alla sua gioia, alla festa della misericordia e della fraternità”, ha poi concluso Francesco, esortando infine i fedeli ad aprire il cuore per essere “misericordiosi come il padre”.

Prima di giungere in piazza San Pietro, il Papa ha salutato i pellegrini malati, che hanno seguito l’Udienza Generale dai maxischermi collocati nell’Aula Paolo VI, a causa del maltempo.

Durante i saluti ai pellegrini di lingua portoghese, Bergoglio ha rivolto il proprio pensiero alla “amata nazione” brasiliana. In vista della Pentecoste, il Santo Padre ha pregato che il “Signore che effonda abbondantemente i doni del suo Spirito, affinché il Paese, in questi momenti di difficoltà, proceda sui sentieri dell’armonia e della pace, con l’aiuto della preghiera e del dialogo”.

“La vicinanza di Nostra Signora Aparecida – ha aggiunto – che come una buona Madre non abbandona mai i suoi figli, sia difesa e guida nel cammino”.

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