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Comunicazione: Tornielli (vaticanista), “lasciarsi ferire dalla realtà, ascoltare, educare alla complessità”

“Lasciarsi ferire dalla realtà, ascoltare, educare alla complessità”. Sono, in estrema sintesi, le indicazioni offerte oggi da Andrea Tornielli, vaticanista e caposervizio de “La Stampa”. Intervenuto a Roma al Comitato dei presidenti e delegati del Coordinamento delle associazioni per la comunicazione (Copercom), nel corso del quale si è svolta una riflessione sul Messaggio del Papa per la Giornata mondiale delle comunicazioni sociali 2016, Tornielli ha spiegato: “C’è un modo di porsi nel nostro mestiere che è il lasciarsi toccare anzi ferire dalla realtà, di fronte alla quale ci sono due atteggiamenti possibili: lasciarsi toccare, spiazzare e sfidare dal cambiamento, oppure restare alla finestra con lo stesso atteggiamento degli scribi e dei farisei”. Occorre, inoltre, “interpretare il fatto sempre in favore del prossimo” e fare sempre “il tentativo di non mettersi su un piedistallo ergendosi a giudici”. Questo atteggiamento, secondo il vaticanista, “è da chiedere come una grazia, coscienti dei nostri limiti e della nostra responsabilità che ci invita a non azzardare o aggredire, ma a saper valutare e argomentare senza considerare la propria voce come l’unica”. Per Tornielli occorre “capacità di ascoltare, e di immaginare di avere sempre davanti un interlocutore da guardare negli occhi. Occorre insomma avere rispetto”. Per un giornalista, ha aggiunto, “oggi è fondamentale educare alla complessità. Saper comunicare la complessità in un mondo caratterizzato dalla tendenza a semplificare il messaggio è il più grande sevizio alla comunicazione, alla fede, e alla Chiesa che possiamo offrire perché la realtà ha infinite sfumature”. Di qui un esempio concreto legato al recente attentato a Lahore: “Strage non solo di cristiani come è stato detto all’inizio, ma di musulmani e cristiani insieme, dato che le principali vittime di questi attacchi sono i musulmani stessi”. Tornielli ha quindi messo in guardia dal rischio dei “cliché bergogliani” che svuotano di significato le parole del Pontefice riducendole a slogan. Infine, il monito contro “la grande malattia che ha provocato l’espandersi delle piazze digitali nel mondo cattolico: il proliferare di media o pseudomedia dove la violenza verbale e il sarcasmo sono diventati il principale modo di comunicare”. No, ha concluso, alla tentazione di alcuni cattolici di sentirsi “l’ultimo magistero; attraverso questo messaggio ai miei occhi passa un’immagine di Chiesa repellente”.

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