Foto di Giuseppe Palestini e Lara Lupi

DIOCESI – Sabato 9 Aprile presso la Parrocchia Madonna della Speranza il Vescovo Carlo Bresciani ha istituito Accolito Emanuele Imbrescia.
Leggi l’articolo A tu per tu con Emanuele

Il Vescovo Bresciani durante l’omelia ha affermato: “Bisogna obbedire a Dio invece che agli uomini” (At 5, 29): così Pietro risponde al sommo sacerdote che vorrebbe costringerlo a rinnegare un’altra volta e in modo molto più grave quel Gesù che ha detto di amare e da cui ha ricevuto il mandato di pascere le sue pecorelle, così come abbiamo appena sentito dal brano di Vangelo che è stato proclamato. Prima di affidare a lui il suo popolo, gli chiede per ben tre volte conferma del suo amore, ma gli preannuncia anche che quel suo amore per Lui sarà contrastato e lo porterà dove non avrebbe voluto, ma da cui non potrà ritrarsi, se non a prezzo della sua libertà.
La frase “Bisogna obbedire a Dio invece che agli uomini” la conosciamo bene: è molto coraggiosa, se facciamo memoria che è stata detta di fronte a colui che ha già esercitato il potere di uccidere con Gesù mandandolo in croce e che lo eserciterà di nuovo mandando a morte per lapidazione il primo martire cristiano, il diacono Stefano, il quale, come Piero, non aveva accettato di tacere e di rinnegare Gesù, quando fu interrogato davanti al sinedrio (At 7).
Ma questa frase è il più alto manifesto della vera libertà cristiana, che non è sottrarsi all’obbedienza,ma accettare l’unica signoria del Dio dell’amore su di noi. Nessuno può togliere Dio dal cuore dell’uomo, perché quando così fosse, lo renderebbe schiavo delle realtà umane e queste sono sempre tiranniche e in qualche modo violente, non rispettose della superiore dignità umana. Pietro invoca questa libertà anche a costo della vita: non può negare la verità perché questa disturba il potere politico-religioso del sommo sacerdote, proprio come Gesù non ha potuto negare la verità di fronte allo stesso sommo sacerdote.
È per questa libertà di amare Dio e di rendere testimonianza alla verità che schiere innumerevoli di martiri nei lunghi secoli della storia della Chiesa hanno affrontato anche la morte e continuano anche oggi a dare la vita in molte parti del mondo, non piegandosi alla corruzione del potere e dei violenti che temono la luce della verità e negano il supremo valore dell’amore di Dio e del prossimo.
Obbedire a Dio non è perdere qualcosa della propria libertà e dignità umana, ma affermarle nel sommo grado, perché l’unica volontà di Dio è l’amore del bene e del vero e il rifiuto di ogni menzogna, doppiezza e falsità di vita. È per questo che ogni potere corrotto cerca di strappare Dio dal cuore dell’uomo e di asservirlo al proprio potere, non importa se di natura politica, militare, economica o di altra natura.
Quando l’essere umano ha perso il senso del bene e del vero e impegna la propria vita su altri falsi valori, allora prevale, non la libertà, ma il potere del più forte e quindi l’imbroglio, la violenza e la corruzione dilaga a scapito dei deboli. Dio, proprio perché amante del vero e del bene, non può che essere la difesa di questi ultimi ed è per questo che dai corrotti Dio viene negato e combattuto, così come tenta di far tacere coloro che sono di Dio.
Caro Emanuele, hai chiesto di ricevere il ministero dell’accolitato e sono ben contento di conferirtelo a nome della Chiesa. Con questo ministero, ti viene affidato il corpo eucaristico di Cristo di cui diventerai dispensatore a beneficio dei fedeli. Dovrai custodirlo con amore, innanzitutto nel tuo cuore e poi nelle tue mani. Solo chi ama custodisce veramente. Sappi che la Chiesa ti affida ciò che ha di più caro, il corpo di Cristo appunto, e che tale deve essere sempre anche per te. È un affidamento che ti rende servo: sei chiamato a servire con umiltà di fronte al mistero, non ad esserne padrone, bensì responsabile di custodirne la santità obbedendo a Dio e non agli uomini. Dovrai custodirlo come la custodì san Tarcisio che preferì la morte alla sua profanazione.
Lo stesso servizio all’altare che sarai chiamato a compiere, non è attribuzione di onore, ma devoto servizio al corpo eucaristico di Cristo e al suo corpo sociale che è la Chiesa. Potrai essere vero servitore del mistero di Cristo se non separerai mai il tuo servizio eucaristico dal servizio alla Chiesa: il servizio all’altare è servizio a Cristo e alla Chiesa simultaneamente. Lo potrai fare in modo adeguato se coltiverai una spiritualità eucaristica di dono di te stesso ad imitazione di Gesù che nell’eucaristia, che ti è affidata, dona se stesso come cibo spirituale che sorregge nel cammino verso la vita eterna.
Ti viene affidato il sacramento eucaristico non solo per la distribuzione ai fedeli e per il nutrimento della tua vita spirituale, ma anche per curarne la corretta devozione, adorazione e recezione del popolo cristiano. Il ministero, infatti, come dice la parola stessa, è servizio alla formazione e alla crescita della fede del popolo di Dio, fede che trova nei sacramenti che Dio ha affidato alla Chiesa alimento e sostegno, ma, solo se accolti nel loro vero significato e con le dovute disposizioni, danno il frutto spirituale per il quale Gesù che li ha lasciati.
Spetterà a te aver cura che il sacramento sia accolto, custodito, adorato e ricevuto in modo degno, appunto come si accoglie la presenza di Dio nella propria vita: con grande umiltà e pietà, nella preghiera adorante e silenziosa di fronte a sì grande mistero, sempre consapevoli della propria piccolezza e indegnità, ma confidenti nell’infinita misericordia di Dio che in Gesù Cristo viene incontro alla nostra fame di Lui.
Carissimi fedeli qui convenuti, quanto Pietro dice al sommo sacerdote e il sacramento eucaristico che viene questa sera affidato al ministero di Emanuele, sono due pilastri della nostra fede. Viviamo noi e insegniamo ai nostri ragazzi e giovani, ma non solo, che è meglio obbedire a Dio che agli uomini, li aiuteremo a crescere nella vera libertà e dignità umana. Conserviamo un profondo rispetto e devozione dell’eucaristia, presenza reale di Gesù in mezzo a noi con il suo corpo e il suo sangue e non permettiamo né a noi né ad altri che sia profanata ricevendola in modo indegno.
Diventeremo così il corpo di Cristo che è la Chiesa, la sposa fedele che sa amare lo sposo, custodendolo nel suo cuore, ma imparando a vederlo e a curarlo anche nel povero e nel bisognoso con i quali Gesù stesso si è identificato (cfr. Mt 25, 31ss.).

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