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“Misericordiosi come il Padre”: L’incontro dai Padri Sacramentini

di Fernando Palestini

SAN BENEDETTO DEL TRONTO – Nell’ambito della 73° settimana eucaristica mercoledì sera 6 aprile presso il salone dei Padri Sacramentini si è svolto un incontro-testimonianza sulla misericordia riprendendo in maniera specifica il tema di questa settimana: “Il volto di Cristo nelle opere di misericordia”. Hanno portato la loro testimonianza la dott.ssa Tallei Stefania della Comunità di S.Egidio di Roma e la sambenedettese dr.ssa Vicky Quondamatteo dell’A.I.N.A. onlus (Associazione Italiana Nomadi Dell’Amore), moderate da Angela Speca.

Tallei ha parlato della sua esperienza di volontariato in carcere, un mondo molto distante dove si coglie con mano la difficoltà del vivere. Il carcere è un mondo a parte, non è mai come lo si immagina. Il carcere è per eccellenza luogo di emarginazione. La visita in carcere vuole dire rifiuto dell’emarginazione e dell’isolamento. Per i detenuti noi volontari siamo il mondo esterno e le nostre visite creano un ponte, un legame con il mondo esterno. E mentre portiamo il mondo esterno tra le sbarre, allo stesso tempo portiamo nel mondo libero ciò che accade dietro le mura della prigione. Le situazioni di ingiustizia e di grave disagio che osserviamo sono infatti numerose e poco conosciute. Chi perde la libertà insieme perde anche un po’ la sua dignità di persona.

Stare vicino a chi ha ricevuto una condanna vuol dire accompagnare persone che attraversano periodi e situazioni difficili della loro vita. Il detenuto non si identifica con il suo reato. L’assenza di ascolto e di risposte può portare a gesti estremi. La depressione e la scelta di strumenti di lotta quali lo sciopero della fame, il rifiuto della terapia o i gesti di autolesionismo, sono frequenti. Essi sono il segno del profondo malessere provato fra le mura della prigione, rappresentano la richiesta di essere ascoltati e rispettati. Per chi è stato condannato, e quindi allontanato dalla società, parlare con qualcuno che non sia un parente, un avvocato o un magistrato, vuol dire essere riconosciuto come persona, essere rispettato e, in un certo modo, “reintegrato”. Per chi ha varcato la soglia del carcere ricevere una visita, fare un colloquio significa poter avviare un legame di amicizia. E’ così che il carcere, mondo chiuso e sconosciuto, è diventato luogo familiare, frequentato con regolarità da molti della Comunità di Sant’Egidio.

La relatrice ha fatto poi riferimento al fondamento evangelico. Gesù stesso si riconosce nel carcerato: “Ho avuto fame e mi avete dato da mangiare, ho avuto sete e mi avete dato da bere; ero forestiero e mi avete ospitato, nudo e mi avete vestito, malato e mi avete visitato, carcerato e siete venuti a trovarmi” (Mt.25,35-36). Gesù non giudica e non condanna come fanno i tribunali delle nostre società civili. Egli muore tra due ladri, non tra due innocenti condannati ingiustamente, e a uno dei due dice: “Oggi sarai con me nel paradiso” (Lc 23,43). Gesù insegna a non giudicare e a non condannare: “Non giudicate, per non essere giudicati…”(Mt.7,1).

Vicky Quondamatteo ha parlato della sua esperienza ricordando come è nato in lei il desiderio dell’impegno sociale, del dono gratuito per i fratelli. Il valore della solidarietà, del rispetto dell’altro e della condivisione unite alla fede in Cristo Gesù dovrebbero animare sempre i nostri gesti e la nostra vita soprattutto in un periodo difficile come quello che stiamo vivendo dove mancano spesso ideali forti e dove le nostre coscienze sembrano addormentate.

La casa famiglia di cui è responsabile a Roma, “Il Fiore del deserto” si occupa prevalentemente di giovani adolescenti con importanti problematiche, e la costringono a mettere in discussione ogni giorno se stessa con la sua competenza e la sua vasta esperienza. “Sono convinta che chi si muove per la giustizia sociale finisce sempre con l’avere una vita piena. Oggi è sempre più difficile trovare dei volontari, poca gente è disposta a darsi gratuitamente. È difficile far capire che spesso sono i poveri, i deboli, i sofferenti, gli esclusi, i disagiati a darci più di quello che noi pretendiamo di dare. Non danno soldi ma ti fanno crescere umanamente, è una ricchezza di altro genere”.

L’incontro si è concluso con la proiezione di un breve video sui “corridoi umanitari”, un progetto, nato da un accordo tra la Comunità di Sant’Egidio, la Federazione delle Chiese evangeliche in Italia e la Tavola Valdese, da una parte, il ministero degli Esteri e quello dell’Interno dall’altra, che consentirà, a mille profughi – particolarmente della Siria e del Libano – di giungere nel nostro Paese con visti rilasciati per “motivi umanitari” a spese delle stesse associazioni.

 

Sara De Simplicio: