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Lefebvriani: adesione a Professione di Fede e magistero della Chiesa punti fermi per riconoscimento canonico

CHIESA – L’incontro avvenuto la scorsa settimana tra papa Francesco e il superiore della Fraternità San Pio X, monsignor Bernard Fellay, pur essendo stato privato e non ufficiale, costituisce un ulteriore passo avanti nel riavvicinamento tra Roma ed Econe. A colloquio con ZENIT, il segretario della Pontificia Commissione Ecclesia Dei, monsignor Guido Pozzo, ha ricordato che il Concilio Vaticano II, comunemente ritenuto il primo ostacolo al reintegro della Fraternità nella Chiesa Cattolica, può in realtà essere adeguatamente compreso solo nel contesto dell’intera tradizione della Chiesa e del suo Magistero. Vi sono poi questioni che vanno dall’ecumenismo alla riforma liturgica che, verosimilmente rimarranno oggetto di discussione, tuttavia non rappresentano un ostacolo al riconoscimento giuridico e canonico della fraternità stessa.

Eccellenza, si può dire che l’incontro di monsignor Fellay con il Santo Padre è un passo avanti nelle discussioni verso la piena comunione?

L’udienza concessa dal Santo Padre a monsignor Fellay è stata un’udienza a carattere privato, non ufficiale. Certamente credo si possa dire che essa si colloca proficuamente nel contesto del cammino della FSSPX verso la piena riconciliazione che avverrà con il riconoscimento canonico dell’Istituto. In questo momento è importante soprattutto contribuire a creare un clima sempre più fiducioso e rispettoso per superare irrigidimenti e diffidenze, che possono essere comprensibili dopo tanti anni di distanza e frattura ma che, in questa fase, intendiamo dissipare, recuperando le ragioni dell’unità e della promozione dell’integrità della fede cattolica e della Tradizione della Chiesa.

Quali sono i requisiti fondamentali richiesti alla FSSPX, per la loro piena comunione con la Chiesa di Roma?

Anzitutto occorre ribadire che l’essere cattolici richiede l’adesione alla Professione di Fede, il vincolo dei sacramenti e la comunione gerarchica con il Romano Pontefice, Capo del Collegio dei Vescovi in comunione con lui. La Dichiarazione Dottrinale, che verrà sottoposta all’adesione della FSSPX nel momento opportuno, conterrà questi tre punti essenziali e necessari.

Sul Concilio Vaticano II e la sua accettazione, cosa si può chiedere alla FSSPX?

Per quanto riguarda il Concilio Vaticano II, il percorso compiuto nei colloqui di questi recenti anni ha condotto ad una chiarificazione importante: il Concilio Vaticano II può essere adeguatamente compreso solo nel contesto dell’intera Tradizione della Chiesa e del suo costante Magistero. Le affermazioni di verità di fede e di dottrina cattolica certa, contenute nei documenti del Vaticano II, devono essere accolte secondo il grado di adesione richiesto. Nei Decreti o Dichiarazioni (Unitatis Redintegratio, Nostra Aetate, Dignitatis Humanae) sono presenti direttive per l’azione pastorale o orientamenti e suggerimenti o esortazioni di carattere pratico-pastorale, che costituiranno – anche dopo il riconoscimento canonico – oggetto di discussione, di approfondimento, di una migliore precisazione, utile a evitare qualsiasi fraintendimento e equivoco, che purtroppo sappiamo essere diffusi nel mondo ecclesiale attuale. Più in generale possiamo dire che alla FSSPX si chiede di accettare che al solo Magistero della Chiesa è affidato il deposito della fede per essere custodito, difeso e interpretato (cfr. Pio XII, Enciclica Humani Generis) e che il Magistero non è al di sopra della Parola di Dio, ma la serve, insegnando solo ciò che è stato trasmesso (Dei Verbum 10). Il Magistero Supremo è a sua volta l’interprete autentico anche dei precedenti testi del Magistero – inclusi quelli del Concilio Vaticano II – nella luce della perenne Tradizione che progredisce nella Chiesa con l’assistenza dello Spirito Santo, non con una novità contraria ma con una migliore intelligenza del deposito della fede, “sempre nella stessa dottrina, nello stesso senso e nella medesima interpretazione”, come insegna il Concilio Vaticano I, Dei Filius 4 e il Concilio Vaticano II, Dei Verbum 8.

Questa chiarificazione credo possa costituire un punto fermo anche per la FSSPX.  Le difficoltà sollevate dalla FSSPX circa le questioni del rapporto Stato-Chiesa e della libertà religiosa, della pratica dell’ecumenismo e del dialogo con le religioni non cristiane, di alcuni aspetti della riforma liturgica e della sua applicazione concreta, rimangono oggetto di discussione e di chiarificazione, ma non costituiscono ostacolo per il riconoscimento canonico e giuridico della FSSPX.

Sara De Simplicio: