Una rivoluzione che interessa anche l’economia. “La stessa sfera economica, spesso ritenuta un ambito esclusivamente legato alla ricerca del bene individuale, viene rinnovata e risanata – afferma il segretario generale della Cei – da un approccio misericordioso che veda nell’altro una persona e non solo un produttore o consumatore di beni, bandendo così ogni sorta di sfruttamento o inganno, che minano la convivenza e la salute pubblica, e liberando energie nuove, quelle di chi investe la propria esistenza nell’edificare la pace e la giustizia, avendo fiducia che, tra tutti gli investimenti possibili, questo è il più redditizio”.
Il presule ripercorre quindi le sette opere di misericordia corporali, “mediante le quali si soccorrono i fratelli nelle loro necessità materiali”. “Esse – scrive – spingono a dare da mangiare agli affamati e da bere agli assetati, a vestire gli ignudi, accogliere i forestieri, assistere gli ammalati, visitare i carcerati, seppellire i morti. In una società così diseguale, dove tanti non riescono a vincere la miseria e l’emarginazione, non mancano di certo le occasioni a nostra disposizione per metterle in pratica”. Poi, annota, vi sono le sette opere di misericordia spirituale, “con le quali offriamo un conforto a chi è in difficoltà, o mettiamo da parte noi stessi a favore del prossimo. Esse ci chiedono di consigliare i dubbiosi, insegnare agli ignoranti, ammonire i peccatori, consolare gli afflitti, perdonare le offese, sopportare pazientemente le persone moleste, pregare Dio per i vivi e per i morti. Le opere di misericordia spirituale c’impegnano in modo altrettanto forte di quelle corporali, e spesso richiedono addirittura un impegno più forte per essere attuate, e un maggiore distacco da sé. Chi traccia con esse il suo sentiero di vita trova la sua gioia nel praticarle: è una gioia diversa, ma più vera, di quella che il mondo propone”.