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“No ad ogni tipo di droga”. La carezza del card. Parolin ai tossicodipendenti del Ceis

Di Salvatore Cernuzio

“No a ogni tipo di droga”. Sì, invece, alla vita, all’amore, all’educazione, allo sport, al lavoro e a alle opportunità per i giovani. È una tenera carezza l’omelia che il cardinale segretario di Stato Pietro Parolin ha pronunciato oggi pomeriggio, durante la Messa con i tossicodipendenti del Centro Italiano di Solidarietà don Mario Picchi di Roma.

Quasi ‘un’opera di misericordia’ che il porporato ha voluto compiere in occasione del Giubileo, oltre che un dono di Natale per queste persone, le cui vite portano “cicatrici che parlano di sofferenza e di dolore”. Al contempo, proprio queste esperienze di dipendenza, disagio e solitudine – alcune esposte nel corso della celebrazione – “raccontano la risurrezione di Cristo che si compie in voi”, ha sottolineato Parolin.

Resurrezione che si compie anzitutto nel cuore che, oggi, nell’imminenza del Natale, “si trasforma in una culla dove, come nella capanna di Betlemme, nasce Gesù Bambino”. Quello che gli ospiti di questa struttura tanto cara anche ai Papi del passato stanno vivendo non è infatti un semplice programma di disintossicazione dalla droga, bensì un “ritorno alla vita”, afferma Parolin, “alla vita vera!

“È un Natale particolare per voi e per le vostre famiglie che vi sostengono, pregano, soffrono e sperano con ciascuno di voi”, dice. “È un Natale speciale per quanti hanno terminato il programma di riabilitazione mediante un lungo cammino, non certo facile, fatto anche di cadute, in cui però, come c’insegna il Santo Padre Francesco, ‘quello che importa non è di non cadere, ma di non ‘rimanere caduti’”.

E se ciò oggi è possibile è merito degli educatori del Centro che con impegno, abnegazione e amore portano avanti il progetto del fondatore, don Mario Picchi, “tanto stimato dal Beato Paolo VI e da San Giovanni Paolo II”, che – ricorda il cardinale – “è stato per tanti di voi il buon samaritano della parabola di Gesù”. Lo è stato ieri, “salvando tante vite precipitate nella spirale della droga” e lo è anche oggi, a cinque anni dalla sua morte, “per coloro che vivono in questa struttura dove tutto parla di lui e del bene che ha fatto e che, attraverso le vostre mani, oggi continua a compiere”.A questo bene, il segretario di Stato ha unito oggi anche la speranza del Papa, ribadendo – sulla scia del Santo Padre – la denuncia contro la droga, il cui “flagello” continua “a imperversare in forme e dimensioni impressionanti, alimentato da un mercato turpe, che scavalca confini nazionali e continentali”.

“In tal modo continua a crescere il pericolo per i giovani e gli adolescenti”, ha ammonito Parolin; e di fronte a tale fenomeno, “non possiamo non esprimere profondo dolore e grande preoccupazione”. Tantomeno “la Chiesa non può rimanere in silenzio”, ha affermato il segretario di Stato, indicando la strada già prefigurata dal Pontefice per uscire da questo tunnel. “La droga – ha rimarcato il segretario di Stato – non si vince con la droga! La droga è un male e con il male non ci possono essere cedimenti o compromessi. Pensare di poter ridurre il danno, consentendo l’uso di psicofarmaci a quelle persone che continuano a usare droga, non risolve affatto il problema”.

Anche “le legalizzazioni delle cosiddette ‘droghe leggere’, anche parziali, oltre a essere quanto meno discutibili sul piano legislativo, non producono gli effetti che si erano prefisse”, ha sottolineato il cardinale. “Le droghe sostitutive, poi, non sono una terapia sufficiente, ma un modo velato di arrendersi al fenomeno”.

Dunque, “non ci si puó limitare tuttavia al lavoro di recupero”, ha affermato il porporato, ma bisogna lavorare sulla prevenzione che si realizza attraverso opportunità di lavoro, educazione, sport e una vita sana. “Questa è la strada della prevenzione della droga”, ha rimarcato Parolin, “se si realizzano questi ‘sì’, non c’è posto per la droga, non c’è posto per l’abuso di alcol e per le altre dipendenze”.

Dipendenze che, negli ultimi anni, hanno notevolmente ampliato il loro ventaglio: la navigazione in internet, lo shopping, il gioco d’azzardo, il cibo e il sesso, giusto per fare un esempio. “E l’elenco potrebbe continuare ancora”, ha detto Parolin.

Occorre pensare allora “ad un’azione di prevenzione, che si traduca in un intervento sulla comunità nella sua interezza, affinché l’azione educativa, culturale e formativa coinvolga il più ampio numero di ragazze e ragazzi, e non soltanto gruppi a rischio”. Di pari passo bisogna mirare ad “una politica di prevenzione del disagio giovanile” che possa “incrementare l’autostima delle nuove generazioni, al fine di contrastare e superare il senso di insicurezza e instabilità emotiva favorito sia dalle implicite pressioni sociali, che dalla stessa natura intrinseca della fase adolescenziale”.

Da parte sua, la Chiesa “non può abbandonare quanti sono coinvolti nella spirale della droga”, ha assicurato il cardinale, ma “li prende per mano, attraverso l’opera di tanti operatori e volontari, perché riscoprano la propria dignità e facciano riemergere quelle risorse, quei talenti personali che la droga ha sepolto in loro, ma che non poteva cancellare, dal momento che ogni uomo è creato a immagine e somiglianza di Dio”.

Questo lavoro il Ceis lo compie già da 40 anni, sempre “in prima linea nella lotta alle dipendenze” e sempre fedele “all’insegnamento, morale e pratico, che don Mario Picchi ha riassunto nei principi base della filosofia del ‘Progetto Uomo’, che pone la persona umana al centro della storia, come protagonista, affrancata da ogni schiavitù, tesa al rinnovamento interiore, alla ricerca del bene, della libertà e della giustizia.”

Negli ultimi anni – ha osservato infine il segretario di Stato – l’impegno del Ceis si è riversato anche nell’accoglienza dei profughi (alcuni dei quali erano presenti alla Messa), nel sostegno agli anziani abbandonati, ai malati e ai padri a rischio di esclusione sociale. “La Chiesa vi è accanto e vi incoraggia a contrastare quella che Papa Francesco definisce la cultura dello scarto”, ha affermato Parolin.

E ha concluso affidando tutti i presenti – tossicodipendenti, i loro familiari, volontari, operatori, profughi – alla Vergine Maria, affinché “per intercessione del Beato Paolo VI e di San Giovanni Paolo II, che tanto hanno fatto per questa opera di bene, vi protegga e vi sia accanto ogni giorno della vostra vita

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