Da accurate ricerche d’archivio è emersa l’unica foto conosciuta del giovane. Una foto in cui appare con alcuni commilitoni e dove il suo volto è minuscolo come un francobollo sfocato.
Su questo esiguo materiale visivo e storico abbiamo concordato di realizzare un’opera che lo ricordasse, visto che la nostra scuola è a lui dedicata.
Le vie dell’arte si nutrono di emozioni, ricordi…, e proprio queste sono le cose che mancano di Benedetto, che cosa pensava, quali erano i suoi sogni, chi era la ragazza di cui era innamorato. Tutto dimenticato, tutto quello che resta di lui è solo il nome.
L’arte è chiamata a rendere tangibile quello che non è più, riportare alla luce un “eroe” ormai senza volto. Ma è chiaro anche che non potevo realizzare una scultura celebrativa; “eroismo”, “suolo patrio”, sono termini che ci appaiono ormai desueti, lontani, anche se sono valori che hanno permesso, oggi, di essere quello che siamo.
E’ proprio dall’idea di “portare alla luce” che è nata quest’opera. Ho immaginato il volto di Benedetto come frutto di un ritrovamento archeologico, un reperto, una specie di maschera funeraria, una maschera teatrale.
Importante è anche l’istallazione, dove, grazie alla lastra di plexiglass, la scultura rimane sospesa, senza tempo, senza luogo”.