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A Tu per Tu con Mons. Basilio Yaldo, Vescovo ausiliare di Baghdad

GROTTAMMARE – A concludere il Meeting nazionale dei giornalisti cattolici, la forte testimonianza di fede e di vita del vescovo cattolico di rito caldeo Mons. Basilio Yaldo, ausiliare di Baghdad. Comunicare Dio nel Medio Oriente, in quella Chiesa che soffre, ferita dalle persecuzioni e dall’odio del fondamentalismo islamico, che vive una nuova stagione di martirio. La Chiesa caldea è perseguitata fin dalle origini, ora ci sono i musulmani dell’Isis. Nonostante tutto, c’è fiducia, c’è speranza che tutto possa cambiare. Ma ciò può realmente accadere se c’è il sostegno della comunità internazionale. Mons. Yaldo esorta i giornalisti cattolici a far sentire a tutto il mondo la voce di una Chiesa che soffre. Lo abbiamo intervistato.

MS:Mons. Yaldo, la sua testimonianza è molto forte, noi occidentali siamo abituati a lamentarci, ma di fronte a queste testimonianze restiamo in silenzio perché non abbiamo ancora capito cos’è la sofferenza. Lei vive in una terra molto difficile che è l’Iraq, è possibile un dialogo nella diversità?
E’ possibile, noi cristiani abbiamo un buon legame con tutti, con i mussulmani e con altre religioni, ma dipende da loro. Noi dialoghiamo volentieri con tutti.

MS: nel suo intervento sono state utilizzate sono parole chiare, decise, che non lasciano spazio ad interpretazioni, lei ha parlato di “costruire una mentalità” lei ritiene che ce ne sia bisogno?
Spesso si sente parlare dell’ ISIS, quando questi entrano in altre città, metà della popolazione entra a far parte dell’ISIS, occorre costruire una mentalità. La mentalità che deve essere costruita deve partire dalle scuole, dall’educazione. Non possiamo certamente pensare che la guerra sia la soluzione. Rischiamo di fomentare l’intolleranza e il proselitismo. I cristiani che ascoltano e leggono la Parola, escono dalle chiese rinfrancati e pieni di misericordia, quando si entra in una moschea molti mussulmani escono molto agguerriti  e cercano vendetta per dare inizio ad una guerra santa. Occorre pertanto costruire una mentalità.

MS: Quindi è importante costruire una mentalità, come vivono i giovani in Iraq, che vivono in una società dove c’è una forte disparità di classe e intergenerazionale?
Adesso i giovani cercano di uscire dall’Iraq, molti di loro cercano lavoro e nel loro paese la tranquillità non la trovano; non hanno la possibilità di costruirsi una famiglia e quindi decidono di andarsene. Rimangano invece gli anziani e gli ammalati, quelli che non hanno la possibilità di emigrare dal loro paese. C’è rischio che il paese rimanga vuoto di giovani.

MS: Lei ha vissuto la guerra e la persecuzione ed è stato anche rapito dai terroristi, che cosa ha provato in quei momenti di terrore?
Erano momenti molto difficili che non posso descrivere con precisione perché non esistono parole più adatte per raccontarli. Ho anche rischiato la vita quando mi puntavano la pistola sulla testa, però, anche questi momenti di paura, mia hanno dato una forza e una fede maggiore. Quando mi dirigo in questi luoghi mi chiedono sempre se io ho paura ad andare, ma rispondo loro che la Vergine Maria mi protegge sempre, per questo io vado dove mi chiedono di andare.

MS: Dopo questa sua bellissima testimonianza, che cosa si sente di dire?
Sicuramente chiediamo la preghiera e la pace in tutto il mondo in modo particolare per il medio oriente che soffre, soprattutto per le persone che non riescono a cambiare questa situazione ed invochiamo l’aiuto dall’alto. I giornalisti hanno il dovere di portare la verità al mondo e far sentire la voce di chi è povero, di chi soffre, di chi non ha nulla. Chiediamo l’aiuto del mondo, l’aiuto dei paesi occidentali e cristiani perché altrimenti la Chiesa cristiana in Medio Oriente rischia di scomparire.

Marco Sprecacè: