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“Come Chiesa cattolica vogliamo esprimere la nostra gratitudine ai marittimi in generale, per il loro fondamentale contributo al commercio internazionale”

“Nella Domenica del Mare, come Chiesa cattolica vogliamo esprimere la nostra gratitudine ai marittimi in generale, per il loro fondamentale contributo al commercio internazionale”. Lo si legge nel messaggio del Pontificio Consiglio della pastorale per i migranti e gli itineranti, in occasione della Domenica del mare, che si celebra domenica 12 luglio. Quest’anno in particolare, prosegue il messaggio, “desideriamo riconoscere il grande sforzo umanitario svolto dagli equipaggi delle navi mercantili che, senza esitazione, e a volte a rischio della propria vita, si sono adoperati in numerose operazioni di soccorso salvando la vita di migliaia di migranti”. Riconoscenza anche “a tutti i cappellani e volontari dell’Apostolato del Mare per il loro impegno quotidiano a servizio della gente del mare; la loro presenza nei porti è il segno della Chiesa in mezzo a loro e mostra il volto compassionevole e misericordioso di Cristo”. Il Pontificio Consiglio ricorda che “per trasportare merci e prodotti in tutto il mondo, l’economia globale fa grande affidamento sull’industria marittima, sostenuta da una forza lavoro di circa 1,2 milioni di marittimi che, nei mari e negli oceani, governano navi di qualsiasi tipo e dimensione e spesso affrontano le potenti forze della natura”.

Il Pontificio Consiglio denuncia anche “il fatto che i porti sono costruiti lontano dalle città e per la velocità di carico e scarico della merce, gli equipaggi di queste navi sono persone ‘invisibili’” e che “diventiamo consapevoli del loro lavoro e dei loro sacrifici solo quando avviene qualche tragedia”. Inoltre, “i marittimi sono costretti a trascorrere lunghi mesi in uno spazio circoscritto, lontano dalle loro famiglie”. Non solo: “L’attuale situazione di guerra, violenza e instabilità politica in diversi Paesi, ha creato un nuovo fenomeno che sta condizionando il settore dei trasporti marittimi”. Dallo scorso anno, “insieme con le Guardia costiera e le forze navali di Italia, Malta e Unione europea, i mercantili che transitano nel Mar Mediterraneo sono attivamente impegnati in quello che è diventato il salvataggio quotidiano di migliaia e migliaia di migranti, che cercano di raggiungere principalmente le coste italiane su ogni tipo d’imbarcazioni sovraffollate e non adeguate alla navigazione”. Da tempo immemorabile “i marittimi onorano l’obbligo di prestare assistenza alle persone in difficoltà in mare, in qualsiasi condizione. Tuttavia, come è stato sottolineato da altre organizzazioni marittime, per le navi mercantili salvare i migranti in mare rimane un rischio per la salute, il benessere e la sicurezza degli stessi equipaggi”.

“Le navi commerciali sono progettate per il trasporto di merci, mentre i servizi di bordo sono costruiti a misura del numero limitato dei membri dell’equipaggio. Pertanto tali navi non sono attrezzate per fornire assistenza a un gran numero di migranti – ricorda il messaggio -. I marittimi sono professionalmente qualificati nel loro lavoro”, ma “il salvataggio di centinaia di uomini, donne e bambini che cercano freneticamente di salire a bordo per mettersi al sicuro, è qualcosa a cui nessun corso di formazione della scuola marittima li ha preparati”. Inoltre, “lo sforzo messo in atto per salvare quante più persone possibile e, talvolta, la vista di corpi senza vita che fluttuano sul mare, rappresentano un’esperienza traumatica che lascia i membri degli equipaggi stremati e psicologicamente stressati, tanto da necessitare di un sostegno psicologico e spirituale specifico”. Il Pontificio Consiglio, mentre fa “appello ai Governi europei e dei Paesi di provenienza dei flussi migratori, come pure alle organizzazioni internazionali affinché collaborino alla ricerca di una soluzione politica duratura e definitiva, che metta termine all’instabilità esistente in quei Paesi”, chiede “anche maggiori risorse da impegnare non solo per missioni di ricerca e soccorso, ma anche per prevenire la tratta e lo sfruttamento di persone che fuggono da condizioni di conflitto e povertà”.

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