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“Diffusa, plurale e pluricollocata” la Chiesa in Internet

Di Vincenzo Corrado

Chiesa e Internet: un binomio che continua a catalizzare l’attenzione di studiosi, ricercatori, esperti in comunicazione e non solo… Passato ormai il tempo del “dubbio amletico” – “apocalittici o integrati”? – è ormai convinzione diffusa che “la Chiesa ha colto le potenzialità della Rete fin dall’inizio, in continuità con la lunga tradizione di comunicazione di cui è portatrice”. A conferma di tutto ciò il volume “La Chiesa in Internet. La sfida dei media digitali” (Carocci 2015) di Rita Marchetti, docente al Dipartimento di scienze politiche dell’Università di Perugia. Il libro, in cui si dà conto di una realtà ecclesiale diffusamente connessa, verrà presentato oggi (7 maggio) all’Università di Perugia in un incontro promosso in collaborazione con l’associazione webmaster cattolici italiani (WeCa). Cogliamo l’occasione per un colloquio con l’autrice su un tema sempre di grande attualità.

Come descrivere la presenza della Chiesa in Internet?
“Diffusa, plurale e pluricollocata nei diversi social network e social media. La Chiesa ‘è viva e ha numerosi canali di comunicazione’ – diceva il cardinale Martini – che sempre più oggi sfruttano le opportunità offerte da Internet e dai media digitali più in generale. È una presenza plurale, perché i diversi volti della Chiesa, dalle parrocchie alle associazioni, ai movimenti, sono in Internet. Pluricollocata, perché ciascuno di questi volti affianca al sito istituzionale una pagina e un profilo Facebook, un account su Twitter o Instagram o, ancora, ha un canale YouTube”.

Quali sono le principali sfide poste dai media digitali?
“I media digitali possono essere una grande opportunità a patto che se ne conoscano i meccanismi e le logiche che regolano gli scambi comunicativi che in essi avvengono. Sono una sfida perché costringono le istituzioni a rivedere le logiche e le modalità d’interazione e relazione con i propri interlocutori”.

Quando si parla di Chiesa e Internet, il pensiero va subito agli organi ufficiali: account Twitter del Papa, siti e blog istituzionali, etc. Ma cosa succede “nel piccolo”, nel tessuto parrocchiale?
“La Rete è ormai inglobata nelle attività quotidiane dei sacerdoti e delle comunità parrocchiali. Informare e informarsi, organizzare le attività e gli incontri offline, offrire assistenza spirituale, dialogare con chi vive già un’esperienza di fede, entrare in contatto con chi è distante dalla Chiesa: tanti e diversi sono gli usi della Rete che ne fanno i sacerdoti. La presenza in ambienti web aperti e non esclusivamente cattolici conferma, poi, la volontà di ricercare nuove modalità per mantenere e rinnovare la vicinanza ai fedeli. È evidente che è cresciuta la conoscenza delle differenti possibilità offerte dai diversi ambienti web da parte della Chiesa parrocchiale, frutto verosimilmente dell’esperienza diretta e del contatto con i propri interlocutori. Anche se la parrocchia non ha un sito, ciò non significa che il sacerdote rinunci alla Rete: utilizza altri ambienti online per organizzare le attività in parrocchia (ad esempio Messenger o WhatsApp), diversificando gli strumenti in funzione del target che intende raggiungere e dello scopo prefissato”.

Il mondo ecclesiale in Rete è, quindi, una realtà estremamente ricca. Con chi comunica la Chiesa on line? Che tipo di relazioni si possono instaurare?

“Innanzitutto, con gli interlocutori di sempre: i parrocchiani che frequentano già la parrocchia. Sono loro il target privilegiato. Gli amici e i follower dei preti in Rete, però, non sono solo i parrocchiani che vivono sul territorio della parrocchia. I sacerdoti interagiscono con ‘gente di parrocchia’, emigrati o persone che vivono altrove rispetto ai confini della parrocchia di pertinenza. Il territorio non delimita più i confini della comunità religiosa che il parroco guida. Gli interlocutori dei preti in Rete sono poi anche i parrocchiani che non vanno alla Messa la domenica, né nella parrocchia del prete specifico in questione né in altre. Un target privilegiato sono, poi, senza dubbio, i giovani. Internet è utile per parlare sia con quelli che frequentano già la parrocchia, sia con quelli che ‘non si fanno mai vedere’; rende possibili nuove forme di prossimità che modificano la rete relazionale dei sacerdoti; innova la parrocchia e il modo in cui i sacerdoti svolgono il loro ministero… Nell’era delle reti digitali, gli interlocutori dei parroci sono i digital neighbours (‘i vicini digitali’).

Sono passati quasi 20 anni dai primi convegni promossi dalla Chiesa italiana su questi temi, se volessimo sintetizzare il cammino fin qui fatto e le sfide future…
“I media digitali sono ormai da tempo un ambito centrale di attenzione da parte della Chiesa avendo riconosciuto con lungimiranza, come è stato sempre nella storia del rapporto fra Chiesa e comunicazione, che essi sono centrali nell’esperienza quotidiana delle persone alle quali la Chiesa si rivolge. Mi sembra che ci sia stata e continua ad esserci un’attenzione per i media digitali come occasione per ‘uscire’ all’esterno. Difficile sintetizzare le sfide future. Sono certa che la Chiesa forte della sua lunga tradizione di comunicazione saprà rispondere ai mutamenti repentini imposti dal panorama mediatico contemporaneo. Credo, tuttavia, che la sfida principale sia quella della formazione e dell’acquisizione delle cosiddette competenze digitali da parte di coloro che operano soprattutto a contatto con i più giovani”.

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