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In crescita (+700%) i cattolici greci ma la Chiesa è povera

Di Daniele Rocchi
Dialogare con il mondo della politica per la salvaguardia del bene comune, contrastare il pessimismo innescato dalla grave crisi economica e sociale, portare avanti la missione evangelizzatrice e di promozione umana e alimentare il cammino ecumenico: sono queste le principali esortazioni che papa Francesco ha consegnato ai vescovi greci in questi giorni in Vaticano per la loro visita ad limina. Con il loro presidente, monsignor Franghiskos Papamanolis, abbiamo tracciato un bilancio.
Dal Papa è arrivato l’invito a dialogare con il mondo politico. Invito attuale anche alla luce del recente voto che ha visto trionfare la sinistra e il suo leader Tsipras…
“Un invito importante ma noi siamo troppo deboli per poter dialogare con il Governo. La realtà è che non abbiamo tanta voce nella società e nel mondo politico ellenico. Siamo una sparuta minoranza del 5,5% che non può pensare di dialogare o dare indicazioni. C’è la Chiesa ortodossa che rappresenta la maggioranza. Quando questa esprime su qualche tema un parere che noi condividiamo allora facciamo conoscere anche il nostro pensiero”.
La crisi greca è stata ricordata ampiamente nel vostro incontro. Come fronteggiarla senza cedere al pessimismo come invocato da Bergoglio?
“Con la solidarietà. All’Ue chiediamo solidarietà. Tsipras, nel suo giro nei Paesi dell’Ue, ha chiesto maggiore comprensione di una situazione ormai insostenibile e che non si risolve con l’aumento di tasse da parte del Governo. Solo la solidarietà può alleviare la sofferenza del popolo greco”.
Le risposte dell’Ue non sono state quelle auspicate da Tsipras che ha parlato di “ricatto” dopo che la Bce ha negato il credito ad Atene. Come uscire dall’angolo?
“Che Unione europea abbiamo! Se questa è la risposta, l’Ue non esiste. Ricordo cosa aveva detto a settembre scorso il Papa a Tsipras: mettere in primo piano la persona e non la speculazione e il guadagno. Ci preoccupiamo più delle banche che delle persone e questo è intollerabile. Ho chiesto al Pontefice di intervenire con tutto il suo prestigio presso i creditori perché non siano così duri con la Grecia”.
Guardando ai temi ecclesiali, Francesco ha richiamato la necessità di un clero motivato, sottolineato l’importanza della vita consacrata, della famiglia e della vocazione. Come intendete perseguire queste piste?
“Il Papa ci ha incoraggiato ad andare avanti in ogni campo della pastorale e della testimonianza. Abbiamo un clero eroico che serve la Chiesa perché la ama – penso ad esempio a quei preti che ogni giorno percorrono centinaia di chilometri per andare a celebrare messa nei luoghi più lontani e inaccessibili delle loro diocesi – abbiamo dei religiosi che portano coraggiosamente avanti le scuole e con gran fatica. Il Papa ci ha raccomandato la cura e il coinvolgimento degli anziani. In Grecia abbiamo diverse case per ospitare quelli soli e in difficoltà ma rischiano di chiudere per mancanza di fondi. La crisi ci attanaglia per questo chiediamo aiuto per andare avanti. Oggi abbiamo solo le nostre poche forze. Ma quando queste realtà non vengono sostenute nemmeno dalla Santa Sede, cosa resta da dire? Abbiamo fatto visita a Cor Unum: non abbiamo ricevuto nessuna comprensione”.
Qual è il quadro della Chiesa cattolica greca che ha rappresentato al Papa?
“La nostra Chiesa vive uno stato di precarietà e al tempo stesso di rinnovamento. Innanzitutto per il grande flusso di immigrati: da 50mila fedeli siamo passati a 350mila (+700% di cattolici). Quanto potranno restare cattolici nei luoghi dove si sono stabiliti e dove lavorano se non hanno chiese, catechesi, sacerdoti, strutture? Abbiamo chiesto luoghi di culto: da anni i vescovi in Europa mettono a disposizione le chiese cattoliche agli ortodossi. Purtroppo in Grecia gli ortodossi non ci mettono a disposizione nulla, ad oggi hanno concesso l’uso di sole tre chiese. Chiediamo reciprocità. Abbiamo bisogno di religiosi e sacerdoti che possano anche parlare la lingua madre dei nostri immigrati. Ma le nostre richieste alle varie Conferenze episcopali trovano porte chiuse. Ci sono laici che vorrebbero studiare teologia ma non siamo in grado di sostenerli. Il tempo delle parole è finito, servono i fatti. La Chiesa in Grecia saluta l’arrivo di nuovi fratelli cattolici ma questi andranno via da ortodossi”.
L’incontro con il Papa è durato un’ora e un quarto. Di che altro avete parlato?
“Il Papa ha molto a cuore l’ecumenismo e soffre molto perché la sua importanza non viene compresa a pieno. Credo che la prima cosa da fare sia purificare le strutture in modo che a un retto credere corrisponda un retto operare. Anche nella Chiesa cattolica ci sono molte cose da correggere e il Papa lo ha ben compreso. Purificare le strutture è quello che il Papa vorrebbe fare con la riforma della Curia. Molti tradizionalisti al suo interno, che sono l’espressione di Chiese forti e potenti, non conoscono le condizioni in cui versa la Chiesa cattolica in molte nazioni del mondo. Andate a parlare con i vescovi di altri Continenti e ascoltate cosa vi diranno…”.
Prima ha citato la riforma della Curia, ne avete parlato e in che termini?
“Al Papa abbiamo parlato di sinodalità, di sinodo permanente. Come farlo andrebbe studiato e qui l’esperienza del Sinodo permanente della Chiesa ortodossa greca potrebbe esserci di aiuto per capire. Studiare come rendere stabile la Commissione degli otto cardinali, ampliandola innanzitutto. La riforma della Curia non può limitarsi ad aumentare o diminuire i dicasteri, o spostarne il personale. La vera riforma è la purificazione delle strutture”.
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