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Svolta democratica in Guinea Bissau militari permettendo

Di Davide Maggiore
È José Mario Vaz il nuovo presidente della Guinea Bissau. Il candidato del Paigc, già movimento di liberazione dell’ex colonia portoghese in Africa occidentale, ha vinto il ballottaggio del 18 maggio contro l’indipendente Nuno Gomes Nabiam, considerato vicino ai militari, con il 61,90% dei voti contro il 38,10%. I risultati ufficiali arriveranno solo con una pronuncia della Corte suprema, ma dopo un’iniziale esitazione anche Nabiam ha accettato il verdetto delle urne “nel nome della pace e della stabilità”, pur avendo denunciato brogli massicci nei giorni precedenti. È un passo fondamentale perché il Paese esca dalla fase critica inaugurata dal golpe militare del 12 aprile 2012, alla vigilia di un altro ballottaggio in cui il Paigc partiva favorito.
Speranze di un nuovo inizio. Tra la popolazione “c’è stato grande entusiasmo alla proclamazione del risultato: la gente si è riversata in strada sia nella capitale, dal centro alle periferie, che nei villaggi”, testimonia da Bissau Fabio Iannuzzelli, responsabile in Guinea dell’ong Mani Tese, secondo cui l’appuntamento elettorale è stato vissuto come “una liberazione, dopo due anni di attesa”. Sono invece passate “abbastanza in sordina” le iniziali denunce di Nabiam sui presunti brogli a favore del suo avversario, prosegue il cooperante italiano. “Solo in un primo momento – racconta – c’è stata qualche tensione”, perché non si era capito quale sarebbe stato l’atteggiamento del candidato sconfitto. Un timore diffuso era quello che all’interno del suo schieramento “qualcuno facesse pressione perché non accettasse il risultato”, ma alla fine ha prevalso la necessità “di unirsi per imprimere una svolta a questo Paese”, in cui molto resta da fare. Secondo Iannuzzelli, alcuni timidi segnali positivi possono essere già individuati, ad esempio nella rilevanza che i mezzi di comunicazione hanno cominciato a dare alla questione dello sfruttamento delle risorse naturali, e in particolare forestali, del Paese, che coinvolge soprattutto imprese cinesi. Proprio l’ambasciata della Cina, negli ultimi giorni, reagendo alle notizie apparse sulla stampa locale “si è impegnata a lavorare con il nuovo governo per cercare di far rispettare la legge” che regola la materia, ma perché – in questo e in altri settori – agli impegni seguano i fatti sarà necessario attendere l’insediamento del presidente, dei deputati e del governo che sarà formato, considera Iannuzzelli. Le prossime settimane, prevede dunque, “saranno cruciali”.
Il ruolo dei militari. Rispetto a due anni fa, riconosce anche Marco Massoni, analista del Centro Alti Studi per la Difesa (Casd) “il clima è certamente migliore” anche grazie “all’attenzione internazionale cresciuta nei confronti della Guinea Bissau”. L’affluenza alta (oltre il 78%), prosegue Massoni, dimostra “l’interesse di partecipazione della gente, ma di sicuro non c’è più tempo da perdere: per decenni dopo l’indipendenza – e soprattutto negli ultimi 15 anni – c’è stata un’assenza di riforme dei rapporti interni alle strutture interne di potere della Guinea, ora siamo ad un punto di non ritorno ed è necessario un cambio di rotta totale”. Il problema, secondo l’esperto del Casd, è soprattutto di rappresentatività, e di una leadership che, nei grandi partiti come in quelli minori “è poco innovativa”. In particolare, a suo parere, “la riforma del settore della sicurezza è alla base delle prospettive di stabilizzazione del Paese”, come riconosciuto anche dalle Nazioni Unite; per troppo tempo – continua – “si è data mano libera alle forze armate, che, anche nel caso siano in buona fede, non hanno le competenze di polizia” che sarebbero necessarie. Non è ancora da escludere, valuta però Massoni, che “il modello impiegato in passato possa riproporsi”, attraverso un’accettazione “del risultato da parte del potere militare, per poi aspettare un momento più opportuno, quando l’attenzione internazionale è più bassa, e cambiare lo stato delle cose con un eventuale golpe, non necessariamente violento”. In questa chiave, sarà fondamentale il ruolo delle istituzioni internazionali, che, ricorda Fabio Iannuzzelli, già in questi giorni hanno chiesto, in maniera unitaria, a tutti gli attori coinvolti di usare “ragionevolezza nell’accettare un risultato comunque netto” e hanno assunto una posizione “di appoggio totale alle istituzioni democraticamente elette”.
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