Amore

SAN BENEDETTO DEL TRONTO- Questa settimana per i giovani della Parrocchia della Marina è stata lanciata una proposta “diversa” per l’incontro della domenica sera, invitati a scoprire un lato della Divina Commedia che difficilmente si svela a scuola, perché affonda nelle pieghe della vita, nella profondità del cuore.

 Alcune settimane fa, alcuni amici hanno proposto a don Armando Moriconi di curare, per gli  studenti della compagnia Fides Vita, l’introduzione ad un ciclo di incontri sulla Commedia dantesca. Da qui, il parroco ha proposto anche ai giovani della parrocchia un breve cammino che, anche se richiede attenzione, non annoia, ma arricchisce.

Don Armando, prendendoci per mano, ci ha accompagnato come Virgilio fa con Dante nel cuore della Divina Commedia, aiutandoci ad entrare nelle motivazioni che hanno spinto il Sommo Poeta a comporre un’opera così grandiosamente perfetta, studiata sotto ogni minimo aspetto, calcolata in ogni verso.

Oltre quei 14.233 versi che in modo mirabile compongono i 100 canti della Commedia, c’è infatti, prima di tutto, un uomo. Dante è un uomo che ama la vita, che conosce l’amore e che soffre per la perdita della donna amata, Beatrice, prematuramente strappata via dalla vita. Il suo percorso è spinto da una bruciante domanda sul senso della vita, sul mistero dell’amore, sul significato del dolore, sull’enigma della morte. Muovendo da una seria e leale considerazione della realtà, Dante pone la questione religiosa, trovando nella fede la risposta piena all’esigenza del suo cuore: il suo cammino attraverso l’Inferno (luogo in cui l’uomo si lascia definire dal male commesso) e il Purgatorio (faticoso e lieto viaggio nel quale l’uomo permette che la Misericordia di Dio abbia l’ultima parola sulla sua vita), lo porta fino al Paradiso, fino alla visione di Dio, nel quale finalmente il Poeta vede ogni cosa e riconosce in Beatrice il grande segno di quell’Amore cui incessantemente tende la vita di ciascuno.

Desiderio è una delle parole centrali della Divina Commedia. Don Armando ricorda l’origine latina del termine (de-sidera: senza stelle, lontano dalle stelle, quindi mancanza delle stelle, bisogno delle stelle), legato alle stelle, quindi al cielo come focus dell’aspirazione più grande. Il desiderio è spinto dalla mancanza, è quel caldo infernale che ti brucia dentro e ti chiede di volere altro, di puntare più in alto. Dante punta al cielo abitato di stelle dove sta Beatrice, dove abita Dio. Ognuna delle tre cantiche si chiude con la parola stelle, la mèta di Dante. Grazie all’aiuto di video, immagini e stralci poetici dei canti, abbiamo incontrato alcuni personaggi che abitano Inferno e Purgatorio, desiderosi di arrivare a quel trentatreesimo canto del Paradiso in cui Dante percepisce la grandezza del mondo attraverso un solo minuscolo e infinito Punto: Dio. Egli è Colui che tiene insieme la vita, che ti tende la mano, che non ti abbandona nel dolore. Il dolore della morte è inevitabile, ma Dio, che move il sole e l’altre stelle, è la Bellezza del mondo che ci conforta nelle sconfitte.

Ciò che sembra così distante dalla vita di un adolescente, lo coinvolge invece fino al collo: Dante torna dal Paradiso per testimoniare che la vita è bella, è possibile, è vivibile; persino il dolore è abbracciato, e può diventare una strada per la verità di sé, per un bene più grande, per la propria salvezza.

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