DIOCESI – Lunedì 6 gennaio alle ore 17.00 presso la cattedrale Madonna della Marina si è tenuta la Solenne Celebrazione Eucaristica con tutta la famiglia Diocesana per salutare il Vescovo Gervasio Gestori che domenica 19 gennaio consegnerà nelle mani del Vescovo Carlo la guida della nostra Diocesi.

Pubblichiamo le parole pronunciate da S.E.R. Mons. Gervasio Gestori:

“Carissimi,
celebriamo oggi la solennità dell’Epifania, festa della manifestazione di Gesù al mondo.
Il Figlio di Dio era nato nel buio di una notte e nel silenzio di un piccolo paese, Betlemme, ma la sua venuta era un fatto lungamente atteso, da tempo profetizzato e di cui l’umanità tutta aveva assoluta necessità. L’evento non poteva rimanere nascosto ed ecco allora che subito viene illuminato dalle luci degli angeli che cantano “Gloria a Dio nell’alto dei cieli e pace in terra agli uomini che Egli ama” ed è seguito dalle voci dei pastori, che vanno a vedere il bambino appena nato e tornano ai loro greggi lodando Dio con il cuore pieno di gioia.

Il Figlio di Dio nasce nel silenzio e nel buio di una notte, ma chiede di poter illuminare il mondo intero con la luce della sua parola di verità e domanda di venire accolto e di essere adorato come nostro Salvatore.
Ed ecco allora l’episodio dei Magi. Questi antichi sapienti, chiamati da una stella misteriosa, partono da lontano senza sapere dove andare, si mettono alla ricerca ignorando la meta del viaggio, chiedono umilmente: “Dove è nato il re dei Giudei?” e dichiarano con semplicità: “Abbiamo visto la sua stella e siamo venuti per adorarlo”.
Adorare il Signore! Anche oggi il Signore vuole manifestarsi al nostro mondo, desidera che la sua parola sia accolta dalla gente, ama farsi incontro a tutti, e specialmente ai poveri, agli smarriti di cuore, alle persone in ricerca, a chi si sente disorientato e vuoto, in crisi affettiva o esistenziale. Gesù vuole incontrarci e domanda di adorarlo, affidandoci a lui totalmente e fidandoci di lui pienamente.

Questo è lo scopo ultimo della sua venuta al mondo in mezzo a noi, ma qui si esprime anche tutta la missione della Chiesa: portare la gente al Signore per incontrarlo e adorarlo.

Carissimi,
sono trascorsi più di diciassette anni da quando arrivai in Diocesi. All’inizio vivevo un poco l’esperienza dei Magi. Ero stato chiamato dalla volontà del papa, il beato Giovanni Paolo II, ad essere pastore di questa Chiesa di San Benedetto del Tronto-Ripatransone-Montalto. Dovevo lasciare realtà a me note, per partire verso un paese, che non conoscevo, e lì incontrare persone, alle quali annunciare il Signore e perché custodissero la fede. Dovevo dire con cuore gioioso, come i Magi: “Ho visto la sua stella” e sono stato mandato perché tutti lo potessimo adorare.

Allora non desideravo altro che questo: che si incontrasse Gesù, per conoscerlo meglio nella sua umana divinità, adorarlo e custodire poi un cuore colmo di gioia, offrendo a lui la vita: pensieri, sentimenti, emozioni, fatiche, sofferenze, malattie, gioia, come i Magi avevano offerto oro, incenso e mirra.

Non conoscevo le nostre Parrocchie e le loro tradizioni e mi sono lasciato educare da voi, dai sacerdoti, dalla gente e dai suoi bisogni materiali e spirituali, dai giovani che non dovevano perdere la speranza per mantenere uno sguardo ricco di futuro.

Durante questi anni molto ho appreso condividendo i problemi di tante famiglie, le sofferenze di molte mamme, le solitudini degli anziani, le dure prove dei malati, le amarezze dei disoccupati.

E così, man mano che i mesi passavano, ho imparato da voi a fare il Vescovo, ascoltando molto e partecipando per quanto possibile alle situazioni della gente e delle comunità, correggendo quelle mie aspettative, che non erano adeguate, perché troppo mie e meno vostre e del Signore. Quanto preziose sono state le due Visite Pastorali, quanto significativo il Sinodo, e come utilissime mi sono state le molte persone ascoltate ogni mattina nel mio ufficio, nelle Parrocchie e nei più diversi ambienti dei vita! Di quanti custodisco come geloso tesoro i nomi, i volti, le ferite e le gioie! Quando mi sembrava di dare qualcosa ascoltando, mi dovevo poi ricredere, perchè in realtà era molto di più quello che ricevevo in esempi di fede e di coraggio.

Facendo mia l’immagine di papa Francesco, ho cercato di profumare la vita con l’odore delle pecore, o meglio, qui dei pesci e del mare, ma mi sono preoccupato specialmente di trasmettere a tutti il buon profumo di Cristo, e cioè, di far amare Gesù e di annunciare la sua Parola, perché confidassimo sempre nella sua misericordia e non avessimo paura del suo perdono.

Con sereno sguardo retrospettivo sento di poter dire quello che S. Paolo scriveva ai fedeli di Tessalonica: “Siete voi la nostra gloria e la nostra gioia” (1 Tess 2, 20). Sì, conoscendo ormai tante persone, le loro fatiche, la fede, l’amore per il Signore e per questa Chiesa, non posso non ripetere anch’io le parole dell’Apostolo: “Voi siete la mia consolazione, voi siete una meravigliosa speranza per il nostro futuro!”

Desidero allora raccomandare quello che ancora l’Apostolo diceva a quei fedeli, chiamati da Efeso a Mileto per un ultimo affettuoso saluto prima della partenza: “Vegliate su voi stessi (custodite la vostra fede)…vi affido al Signore e alla parola della sua grazia (confidate sempre nel Signore)…Vi è più gioia nel dare che nel ricevere (fate del bene)” (At 20, 28ss).

Carissimi,
un Vescovo non è tale per se stesso, ma per il suo popolo. Vescovo infatti non è titolo di onore, ma di servizio. Nell’esercizio di questo ministero, sento più vivo che mai nel profondo del cuore di dover ringraziare il Signore, perché in questi anni mi è stato vicino, mi ha guidato e mi ha fatto percepire quotidianamente la sua forte e dolce presenza. Non mi sono mai sentito solo.

Devo esprimere riconoscenza alle tante persone, che il Signore mi ha messo accanto senza che io le avessi cercate e che con generosità mi hanno aiutato a vivere serenamente le dense giornate di questo lungo servizio apostolico.

Al primo posto vi sono i cari sacerdoti ed i diaconi, ai quali ho cercato di stare vicino personalmente e senza dei quali un Vescovo non vive in pienezza il suo ministero e può fare ben poco. Ringrazio specialmente tutti i più stretti collaboratori della Curia e quanti hanno operato con umiltà e con fedeltà, religiose e religiosi.

Ringrazio le diverse realtà ecclesiali, vero dono del Signore, di cui la nostra Chiesa locale è ricca: esse contribuiscono a renderla particolarmente vivace e bella con la loro attiva presenza.

Mi avete voluto bene tutti, me ne accorgevo, ma anch’io ho voluto bene a voi, a tutti e a ciascuno, con quell’amore vero che un Vescovo deve vivere per fedeltà a Cristo, di cui è Vicario in ogni Chiesa particolare. Tutti i giorni pregavo per voi, durante la Messa, davanti all’Eucaristia, recitando il Rosario.

Sono grato verso tutte le Autorità civili e militari: con loro abbiamo sempre collaborato, senza problemi, nel massimo rispetto delle diverse competenze, con stima reciproca e per il maggior bene della popolazione.

Ora lascio serenamente il ministero di pastore di questa nostra amatissima Chiesa al mio Successore, il Vescovo Carlo, mandato dal Signore per volontà della Sede Apostolica. A lui vanno il mio saluto fraterno, il mio augurio cordiale, la promessa di una devota ed umile ubbidienza.

Mi ritiro per pregare, spero con maggiore calma e più a lungo, anche per recuperare quel tempo che spesso mi è mancato a motivo dell’assillo pastorale. Cercherò il silenzio necessario per poter riflettere pacatamente, rivedere davanti al Signore il cammino di questi anni e mettere un poco di ordine nelle molte esperienze vissute. Desidero vivere riservatamente dentro l’orizzonte spirituale di questa nostra Diocesi, da semplice prete come Vescovo della Chiesa Cattolica. Vi chiedo di ricordarmi davanti a Dio nelle vostre preghiere e di collaborare generosamente con il mio Successore.

Carissimi,
la Madonna di Loreto ci protegga e accompagni il cammino di ciascuno di noi e dell’intera Comunità diocesana.
Porto tutti nel cuore e siate tutti certi che il Signore ci sta accanto e non ci abbandona mai. Il grazie reciproco, vostro e mio, viene adesso vissuto in pienezza nell’Eucaristia che celebriamo.
Grazie”.

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