Di Padre Gabriele di Nicolo

Continua la rubrica sulla partecipazione alla Messa.
Leggi il primo articolo
Leggi il secondo articolo
Leggi il terzo articolo

La liturgia della parola ha “narrato” ad una “assemblea in ascolto” l’opera meravigliosa di Dio e cioè il suo amore fedele per un popolo (Israele, oggi la Chiesa), amore poi dilatato (in Cristo) a tutti i popoli.

Il senso, il centro, l’apice di questa narrazione è Gesù nostro Signore: il suo nascere, crescere, insegnare, guarire… ma specialmente il suo donarsi nella morte di croce, il suo risorgere, il suo ascendere al Padre e il dono dello Spirito.

E’ questo il mistero pasquale di Cristo, mistero che dischiude la vita al mondo intero.
Esso si è compiuto perfettamente e una volta per tutte come “sacrificio”.
Poiché questo “sacrificio” è vero e perfetto ed ottiene la remissione di tutti i peccati, non c’è bisogno, da parte di Cristo, di ripeterlo.

Da parte nostra, occorre “ricordare”, fare memoria.
Tale “memoria”, o ripresentazione, viene fatta dalla Chiesa in preghiera ed è resa efficace e feconda per opera dello Spirito Santo.

La Liturgia eucaristica
Scopriamo il senso di questa “memoria” seguendo la preghiera eucaristica o Cànone (cioè regola).

Cos’è la Messa?
“E’ veramente cosa buona e giusta, nostro dovere e fonte di salvezza rendere grazie a te Padre santo…” (Prefazio).
La Messa è rendimento di grazie (“eucaristia”) a Dio Padre.

Perché rendiamo grazie?
“Lo hai mandato a noi (Gesù Cristo), salvatore e redentore”.

Come ci ha salvati?
“Per compiere la tua volontà e acquistarti un popolo santo egli stese le braccia sulla croce”.
Dunque, ci ha salvati col suo mistero pasquale (il vero e perfetto sacrificio).

Cosa ha ottenuto col suo sacrificio?
“Morendo distrusse la morte e proclamò la risurrezione”.
La sua morte/sacrificio ha distrutto la morte e ha dato la vita per sempre: vita eterna, fin da ora!

E allora, cosa è doveroso fare?
“Per questo mistero di salvezza, cantiamo: Santo…”.

Quale opera compie l’effusione dello Spirito santo?
“Padre veramente santo, santifica questi doni con l’effusione del tuo Spirito…” (Preghiera Eucaristica).
L’opera è la santificazione (trasformazione) dei doni.

Cosa ottiene la preghiera fatta nello Spirito?
Che il pane e il vino “diventino il corpo e il sangue di Gesù Cristo nostro Signore”.

Cosa celebriamo nella Messa?
“Celebrando il memoriale della morte e risurrezione del Figlio…”.

Cosa offriamo al Padre?
“Il pane della vita e il calice della salvezza”.

Chi è l’offerente?
“Ti rendiamo grazie per averci ammessi alla tua presenza a compiere il servizio sacerdotale”.
Gli offerenti siamo tutti noi: il sacerdote, che è figura di Cristo, e noi tutti in virtù del sacerdozio dato nel battesimo.

Cosa chiediamo?
“Lo Spirito santo ci unisca in un solo corpo… Ricordati della tua Chiesa: rendila perfetta nell’amore. Ricordati del papa, del vescovo e di tutti i ministri; dei nostri fratelli che si sono addormentati nella speranza della risurrezione e di tutti i defunti; di noi tutti abbi misericordia: donaci di aver parte alla vita eterna”.
La richiesta somma, quasi il “frutto” del sacrificio, è l’unità dei fratelli, l’amore e la vita eterna.

Indicazioni pratiche
La preghiera eucaristica è recitata soltanto dal sacerdote.
Non è secondo la norma liturgica bisbigliare o ripetere (a volte anticipare!) le parole del celebrante presidente. La vera forma di preghiera è l’ascolto attento e di fede.

Due sono le acclamazioni che vanno fortemente sottolineate dal popolo: “Annunciamo la tua morte, Signore…” (o le acclamazioni alternative “Ogni volta che mangiamo…” e “Tu ci hai redenti con la tua croce…”) e il solenne “Amen” al termine della dossologia (“per Cristo, con Cristo ed in Cristo…”).

Al momento della elevazione ed ostensione dell’ostia e del calice, a mio parere, è bene fissare con gli occhi il segno sacramentale e poi fare un piccolo inchino, anziché tenere gli occhi abbassati – come molti fanno – quasi che questo indicasse una maggiore devozione, del resto il sacerdote mostra a tutti il pane e il vino consacrati proprio perché siano guardati con fede, diversamente perderebbe senso questo gesto.

Particolarmente in questa parte della Messa occorre il silenzio e la non dispersione in servizi, cenni, richiami, preparazione di altri servizi…

Riguardo alla posizione del corpo ci sembra bene ricordare ciò che afferma l’Ordinamento Generale del Messale Romano riguardo a tutta la Messa:

42. I gesti e l’atteggiamento del corpo sia del sacerdote, del diacono e dei ministri, sia del popolo devono tendere a far sì che tutta la celebrazione risplenda per decoro e per nobile semplicità, che si colga il vero e pieno significato delle sue diverse parti e si favorisca la partecipazione di tutti…

L’atteggiamento comune del corpo, da osservarsi da tutti i partecipanti, è segno dell’unità dei membri della comunità cristiana riuniti per la sacra Liturgia: manifesta infatti e favorisce l’intenzione e i sentimenti dell’animo di coloro che partecipano.

43. I fedeli stiano in piedi dall’inizio del canto di ingresso, o mentre il sacerdote si reca all’altare, fino alla conclusione dell’orazione di inizio (o colletta), durante il canto dell’Alleluia prima del Vangelo; durante la proclamazione del Vangelo; durante la professione di fede (Credo) e la preghiera universale (o preghiera dei fedeli); e ancora dall’invito “Pregate fratelli” prima dell’orazione sulle offerte fino al termine della Messa, fatta eccezione di quanto è detto in seguito.

Stiano invece seduti durante la proclamazione delle letture prima del Vangelo e durante il salmo responsoriale; all’omelia e durante la preparazione dei doni all’offertorio; se lo si ritiene opportuno, durante il sacro silenzio dopo la Comunione.

S’inginocchino poi alla consacrazione, a meno che lo impediscano lo stato di salute, la ristrettezza del luogo, o il gran numero dei presenti, o altri ragionevoli motivi. Quelli che non si inginocchiano alla consacrazione, facciano un profondo inchino mentre il sacerdote genuflette dopo la consacrazione.

…Dove vi è la consuetudine che il popolo rimanga in ginocchio dall’acclamazione del Santo fino alla conclusione della Preghiera eucaristica e prima della Comunione, quando il sacerdote dice Ecco l’Agnello di Dio, tale uso può essere lodevolmente conservato.

Oggi sembra esserci piuttosto la tendenza a lasciare ad ogni fedele la massima libertà di comportamento, secondo la sensibilità o i “gusti” (ci si perdoni il termine!) di ciascuno, perché – si dice – ci sono altri aspetti più importanti rispetto alla posizione del corpo (es. la fede e la devozione con cui si partecipa, l’atteggiamento di preghiera ecc.): ci pare allora doveroso e opportuno ricordare, come abbiamo già sottolineato nella prima puntata, che la Celebrazione Eucaristica (o S. Messa) è un’azione liturgica comunitaria e non individualistica, occorre allora tener presente l’esigenza di tutta un’assemblea (un corpo) che prega, ascolta, rende grazie ecc. insieme e non semplicemente o soprattutto dei “gusti” di ciascuno.

Detto questo, certamente nessuno costringerà mai ad assumere determinate posizioni, a ciascuno è lasciata la libertà personale che viene rispettata, ma è doveroso che ci educhiamo ad una partecipazione più conforme possibile al significato stesso e alla realtà dell’Eucaristia; del resto questo è lo scopo di questi articoli!

Entra a far parte della Community de L'Ancora (clicca qui) attraverso la quale potrai ricevere le notizie più importanti ed essere aggiornati, in tempo reale, sui prossimi appuntamenti che ti aspettano in Diocesi.

0 commenti

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *