Di Padre Gabriele di Nicolò

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Assemblea che ascolta

Riguardo alla prima parte della Messa, chiamata “Liturgia della Parola”, nella quale vengono proclamate alcune Letture della Bibbia (In genere 2 nei giorni feriali e 3 in quelli festivi, più un Salmo), è utile ispirarci a quanto viene detto in un racconto biblico presente nel Libro di Neemia capitolo 8, nel quale la Sacra Scrittura (il Libro della “Legge”) viene proclamata davanti a tutto il Popolo di Dio (Israele) riunito.

1. Si parla di tutto un popolo: uomini, donne e quanti possono “ascoltare”. Ciò ci fa capire che le Messe per categorie sociali (operai, studenti, commercianti…), o per età (nonni, bambini…), o per stato di vita (vedovi, sposati, religiosi…) ecc…, forse riescono meglio dal punto di vista organizzativo, ma rischiano di far perdere la nota della pienezza e della universalità della Chiesa.

2. Si dice che il popolo era radunato come un sol uomo: ci fa capire l’importanza del desiderio e impegno di unità, di stare insieme e camminare insieme.

All’inizio della Messa chiediamo perdono dei nostri peccati. Il peccato più grande è pretendere di essere e far da soli: senza Dio e senza gli altri. La riconciliazione che chiediamo è muoversi verso l’unità: un solo uomo. Anche durante la Messa si rischia di rimanere nel proprio individualismo, come già dicevamo nella prima puntata…

3. Si parla, nel brano biblico citato sopra, di un libro: la Legge del Signore, la sua Parola.

E’ Dio stesso che parla, quando vengono lette le Sante Scritture, il Lettore o il Diacono (per il Vangelo) o il Sacerdote sono un tramite: ascoltare le Letture significa quindi ascoltare Dio stesso. Esse si trovano nel Lezionario. E’ da esso che si proclamano le letture e non dai foglietti: la Parola di Dio merita il più grande rispetto e onore. La proclamazione termina dicendo “Parola di Dio” e non: “è” Parola di Dio (come qualcuno usa fare).

4. Occorrono orecchi verso il libro: ascolto vero. L’ascolto è vero soltanto se è protensione dell’orecchio, cioè della capacità d’ascolto, verso una parola che oggettivamente e percettivamente “risuona” al mio orecchio.

La Parola è Cristo (Nel Vangelo di Luca 4,20 si dice: “Gli occhi di tutti nella sinagoga stavano fissi su di lui”).

Quando viene letta la Parola di Dio, l’unica cosa da fare è ascoltare. Prega, chi ascolta. Chi si muove, chi prepara il canto successivo, chi accende candele, chi dà ordini, chi chiacchiera o fa altro… non sta pregando, perché non sta “ascoltando” (e forse impedisce ad altri di ascoltare!).

Quanto è deprecabile il vizio di arrivare in ritardo alla Messa, perdendo così proprio l’ascolto delle Letture o sentendole solo in parte e non con le dovute disposizioni: può accadere in un caso che uno arrivi in ritardo per degli imprevisti non dipendenti da lui, ma se è un’abitudine o un “vezzo” derivante dalla noncuranza, dal poco impegno, dall’idea che sia importante in qualche modo assolvere al precetto festivo anche se non si partecipa a tutta la celebrazione, ciò non è accettabile, e chi vive così la Messa non può dire onestamente di aver partecipato alla Celebrazione e nemmeno di aver “assolto” al precetto festivo, al di là dell’interpretazione giuridica delle cose secondo la quale basterebbe arrivare almeno prima della consacrazione! Del resto Gesù Cristo prepara per noi due mense, per così dire, quella della Parola e quella dell’Eucaristia: non è pensabile, né fruttuoso partecipare solo ad una di esse e trascurare l’altra, esse sono strettamente collegate l’una all’altra. I padri della Chiesa (antichi autori cristiani) dicevano che, come siamo attenti e scrupolosi a non lasciar cadere a terra neppure un frammento del pane eucaristico – perché siamo convinti che è il Corpo di Cristo – ugualmente dobbiamo essere attenti e scrupolosi a non lasciar “cadere a vuoto” nessuna delle Parole che Dio ci rivolge attraverso la lettura della Bibbia.

5. Nel Libro di Neemia si dice che lo scriba Esdra e gli altri lettori leggevano da una tribuna di legno, erano più in alto di tutti, tale funzione oggi è svolta dall’ambone: il servizio del lettore è una funzione liturgica, un ministero (che vuol dire servizio).  Chi legge (anche nelle celebrazioni che non sono la Messa) stia in piedi e in posizione visibile da tutti. Legga per farsi intendere. A nessuno è vietato questo compito così importante. Ma… hanno tutti la capacità di farsi intendere? È evidente che un tale servizio non s’improvvisa ma va preparato: il Lettore deve formarsi ad una familiarità con la Parola di Dio (ascolto, meditazione, preghiera) e anche esercitarsi nel proclamarla nel modo migliore possibile. In caso di necessità si chiama evidentemente a leggere una persona che non era prevista, ma si deve avere l’accortezza di scegliere persone già abituate a questo servizio o che almeno abbiano una qualche familiarità con la Bibbia e sappiano leggere in modo sufficientemente chiaro.

6. Occorre fare capire la Parola (come facevano i Leviti nel brano di Neemia): già nel modo di leggere e poi con l’omelia (predica). L’omelia è un adoperarsi, semplice e umile (come fa un servo), perché chi ascolta possa dire: “questa parola è detta per me, oggi” (vedi Luca 4,21). Si tratta di “accostare” la parola di Dio a chi ascolta e preparare i cuori ad accoglierla. Il resto, lo fa la potenza della parola stessa nella quale agisce lo Spirito di Dio.

7. Il popolo, nel brano biblico a cui ci ispiriamo, reagisce con pianto e gioia: effetto della parola di Dio è il pentimento dell’uomo. Il pentimento fa gioire Dio! La gioia di Dio (c’è gioia in cielo per un peccatore pentito…) deve caratterizzare la nostra liturgia. Il vero pentimento è causa di gioia e non di tristezza perché porta ad una conversione, ad un cambiamento di vita: ciò accade quando si ascolta sinceramente e in modo profondo e attento la Parola di Dio. La Parola di Dio deve poter “toccare il cuore”, un po’ come quando i discepoli di Emmaus (vedi Luca capitolo 24) incontrarono Gesù risorto che si affiancò a loro e spiegava loro le Sacre Scritture, anche se ancora non lo avevano riconosciuto. Se la Parola non viene preparata con cura, proclamata con fede e in modo chiaro, ascoltata con attenzione, non tocca il cuore e allora “lascia il tempo che trova” e non produce frutti nella vita delle persone, è un po’, secondo la parabola del Vangelo, come quel seme che cade su una strada o su un terreno pieno di sassi o di spine.

8. Neemia e il sacerdote Esdra dicono al popolo di mandare porzioni di cibo a chi non ha: e la gioia di Dio diviene forza di amore verso chi è nel bisogno. La liturgia rimanda ad una vita fraterna e gioiosa. Si radunarono “come un solo uomo”: l’uomo nuovo che è stato creato dallo Spirito nella liturgia, si apre a tutti i fratelli. L’ascolto della Parola di Dio che non ci apre agli altri è un ascolto intimistico, soggettivo: non è un vero ascolto.

9. Il popolo risponde, alla lettura della Parola, Amen, Amen: vuol dire che è necessaria una partecipazione consapevole, attiva, fruttuosa. Come? Soprattutto con la fede nel Signore! Sono importanti anche gli atteggiamenti del corpo, le risposte, i canti… Attenzione però: non bisogna dire tutto o cantare tutto o fare tutto. L’assemblea è bella se è armonica, appunto come un corpo: è uno, ma ha tante membra (vedi 1 Corinzi 12). Ognuno deve svolgere la sua parte.

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