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L’ultimo schiaffo di Hollande

FRANCIA – C’è chi parla di una vittoria dei diritti della libertà e dell’uguaglianza e chi invece racconta di un giorno triste per il futuro dei bambini. C’è chi ha manifestato gioia per l’approvazione della legge e chi invece promette di continuare la battaglia per contrastare il progetto di legge utilizzando tutte le vie disponibili. Sono comunque ore di alta tensione in Francia dopo che il parlamento ha approvato la legge che consente alle coppie dello stesso sesso di sposarsi e adottare bambini, una riforma fortemente promessa dal presidente François Hollande. Un processo articolato che ha visto discussioni in aula anche di notte e la presentazione di migliaia di emendamenti nella prima e seconda lettura del testo. Alla fine i deputati dell’Assemblea nazionale, dove i socialisti di Hollande hanno la maggioranza assoluta, hanno approvato la legge con 331 voti a favore e 225 contrari, facendo della Francia il 14° Stato al mondo a legalizzare il matrimonio tra persone dello stesso sesso. In tarda serata, ci sono stati incidenti nel centro di Parigi tra polizia e manifestanti al termine della manifestazione degli oppositori al matrimonio omosessuale. Poco prima delle 10 di sera gli organizzatori della protesta hanno invitato le 3.500 persone presenti a “lasciare la zona con calma”, con un sottofondo di altoparlanti che ripetevano: “È solo un arrivederci”. Circa 500 manifestanti, alcuni incappucciati, hanno provocato le forze dell’ordine nei pressi dell’Assemblea nazionale, gettando petardi, bottiglie e altri oggetti contro gli agenti, che hanno risposto con i lacrimogeni. Un commissario di polizia è rimasto ferito. La calma è tornata solo verso l’una di notte.

La mobilitazione continua. La reazione delle Associazioni familiari cattoliche di Francia arriva solo in tarda serata. La Confederazione fa parte del cartello delle oltre 30 associazioni riunite sotto la sigla de “La Manif pour tous”: da mesi si stanno mobilitando per contrastare il progetto di legge presentato dal ministro per la giustizia Christiane Toubira e sono riuscite a portare in piazza milioni di persone, a Parigi e in altre città della Francia, facendo parlare di sé l’Europa intera. Nonostante ciò, il presidente Hollande non le ha mai convocate. Ed è questo l’atteggiamento più contestato oggi dall’associazionismo d’oltralpe. “Questo voto – scrivono le associazioni familiari – in linea con il modo in cui il governo ha condotto il dibattito, indebolisce seriamente la fiducia dei francesi nei loro dirigenti politici e crea, in luogo di una ‘pacifica Francia’, una frattura irreversibile della società francese”. Ciò che dunque le associazioni contestano è il modo in cui governo e presidente della Repubblica hanno evitato di ascoltare le ragioni dell’opposizione accelerando il processo che ha poi portato ieri all’approvazione del progetto di legge. “L’approvazione definitiva della legge – assicurano le associazioni familiari – non segna la fine della mobilitazione”. La Confederazione starà quindi in prima fila e “seguirà con interesse le azioni istituzionali che verranno promosse nei prossimi giorni”, per la “promozione del matrimonio e la filiazione così come sono ancora definiti dal codice civile e dal codice di famiglia e così come sono vissuti dall’immensa maggioranza delle famiglie in Francia”.

Richiesta di un Referendum e ricorso alla Corte Costituzionale. Le manifestazioni che hanno contrassegnato l’iter parlamentare proseguiranno e in modo pacifico, assicura la Manif pour tous. Sono previsti raduni di piazza il 5 e il 26 maggio a Parigi. Una delle portavoce più ascoltate delle associazioni, Frigide Barjot, ribadisce che il movimento di protesta resta “apolitico”. L’obiettivo è quello di arrivare a convincere il presidente Hollande ad indire un referendum popolare. In campo sono scesi anche i senatori dell’Ump, principale partito di opposizione, che hanno deciso di depositare alla Corte costituzionale un ricorso contro la legge anche sulla base del nodo legato all’adozione piena. In un comunicato i senatori spiegano che il ricorso si fonda sulla base di alcuni principi che nel corso dell’approvazione della legge non sono stati rispettati: l’insufficienza dei lavori preparatori; il fatto che “la definizione del matrimonio, principio fondamentale riconosciuto dalle leggi della Repubblica, non può essere modificato da una semplice legge”. E, infine, la costatazione che “le disposizioni relative alla filiazione adottiva violano il principio del diritto al rispetto della vita privata familiare, il principio della dignità della persona e quello dell’uguaglianza, tutti principi fondamentali riconosciuti dalle leggi della Repubblica”.

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