Di Mauro Cozzoli

ITALIA – Una vera escalation, l’incremento del gioco d’azzardo on line nel nostro Paese. “Abbiamo meno dell’uno per cento della popolazione mondiale e il 22 per cento del mercato globale dei giochi online”, dice un comunicato stampa diffuso lunedì da Netmediacom, riportando i risultati di uno studio del portale Netbetcasino.it. L’uno e gli altri rilanciati oggi dal “Corriere della Sera”, che aggiunge: nel 2012 i nostri connazionali hanno speso 15 miliardi e 406 milioni di dollari. Somma che procede spedita nel 2013 verso i 18 miliardi.
Sono cifre e percentuali che non hanno riscontro in nessun altro Paese e che dicono della gravità del fenomeno. Tante persone attratte dal guadagno facile: una cupidigia dell’avere che dalle sale da gioco si sposta nel chiuso del proprio “mondo”, dilatato dalla pervasività del network.
È in questo circolo che si consuma, in una maniera subdola e capziosa, la voglia del guadagno facile. È questo lo scopo che spinge sempre più persone e in forma sempre più seducente a osare l’azzardo e a moltiplicare ed elevare la “puntata”. Si finisce in un giro viepiù compromettente, che si fa coazione a ripetere e genera dipendenza. Si è come avvinti in un vortice che devia prima e strappa quindi la libertà alle persone.
L’immoralità – da parte di chi “gioca” – è nella sete di guadagno che muove il gioco d’azzardo; è nelle rilevanti e crescenti somme di denaro che vengono sottratte a scopi e compiti doverosi e primari; è nel rischio in cui ci si pone d’incorrere nella ludopatia (malattia da gioco). Ma c’è anche l’immoralità di chi specula su queste umane debolezze e devianze, realizzando lauti e disonesti guadagni.
Gli uni (chi gioca) e gli altri (chi specula) dominati dal culto del denaro divenuto idolo, che il Vangelo chiama “mammona”.
La crescita esponenziale del fenomeno e il suo sedimentarsi nella mentalità e nella prassi comune sta ingenerando una vera e propria “struttura di peccato”, che induce tanti – specialmente i più giovani e i più deboli – a subirne la seduzione e la perversione. Per questo il fenomeno chiama in causa non solo le responsabilità dei singoli ma a un tempo quelle degli educatori e dei legislatori per denunciarlo, prevenirlo e sanzionarlo.

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