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Nuovo concordato servire e promuovere

ITALIA – Il 18 febbraio è stato l’anniversario di quello che viene chiamato con semplicità il “Nuovo Concordato”, in realtà la modifica dei Patti Lateranensi risalenti all’11 febbraio 1929. Ci sono voluti 55 anni, arrivando al 18 febbraio del 1984, per modificare un testo firmato a suo tempo dal cardinale segretario di Stato Pietro Gasparri e da Benito Mussolini che “incassava” un notevole successo politico, oltre che la definizione di “uomo della Provvidenza”.
Cinquantacinque anni per marcare una vera e propria rivoluzione, poiché il testo firmato nell’84 – questa volta dal cardinale Agostino Casaroli e da Bettino Craxi – si muove in una prospettiva del tutto differente dall’originale e, pur non mancando di alcune ambiguità, soprattutto da parte ecclesiale mostra chiari indirizzi, mutuati anzitutto dal Vaticano II, il grande Concilio di cui ricorrono cinquant’anni e il cui vento ancora soffia.
Una delle “discipline” legate al Nuovo Concordato, nelle quali emerge in modo più chiaro l’impostazione conciliare, è quella dell’insegnamento della religione nella scuola pubblica. Non più giustificato – come ripeteva in modo altisonante, mutuando un’espressione gentiliana, il testo lateranense – dall’essere, l’insegnamento “della dottrina cristiana secondo la forma ricevuta dalla tradizione cattolica”, “fondamento e coronamento dell’istruzione pubblica”, ma ancorato al “valore della cultura religiosa” e in particolare al riconoscimento dei principi del cattolicesimo come facenti parte del patrimonio storico del popolo italiano. Un insegnamento, non più “concesso” come si concede un’aula nella quale la Chiesa era autorizzata a fare catechismo – è la prospettiva della “catechesi scolastica”, spesso riesumata a sproposito dai detrattori delle norme nuove – ma “assicurato” e soprattutto inserito “nel quadro delle finalità della scuola”: come a dire, al suo servizio, parte integrante di un curricolo per tutti, che mira allo sviluppo integrale della persona, come da quadro istituzionale. Non un corpo estraneo, ma pienamente integrato nella scuola.
Ecco, questo “ribaltone” dell’Irc (Insegnamento della religione cattolica), che respira, per quanto riguarda la Chiesa, il vento conciliare della Gaudium et spes, con la giusta autonomia delle realtà temporali; che è maturato nei lunghi dibattiti che hanno accompagnato il Concilio e le trasformazioni della società e della scuola dalla fine degli anni Sessanta del Novecento in poi, si colloca all’interno dell’articolo 1 del Nuovo Concordato, in quella prospettiva dichiarata di reciproca autonomia e collaborazione tra Stato e Chiesa per la promozione dell’uomo e il bene del Paese, vero “cardine” delle norme del 1984. Una logica del servizio e della condivisione, di una Chiesa che ha lasciato andare eventuali privilegi e si cura di fare la propria parte, anche in campo tecnicamente “non suo”, collaborando lealmente alla scuola di tutti e per tutti.
L’anniversario della revisione dei Patti Lateranensi vale per ricordare questa logica che, pur non dimenticando le criticità che l’accompagnano, anche specificamente nella questione Irc (si pensi alla scelta di avvalersi o meno di tale insegnamento), è ancora feconda. Proprio l’Irc, che negli anni ha mostrato di voler mantenere le promesse, con uno sforzo notevolissimo di qualità e attenzione alla scuola, resta un terreno sul quale si è misurato un reale cammino di Chiesa, ancora ricco di prospettiva e di futuro.

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