SAN BENEDETTO DEL TRONTO – Ma quanto piace trascorrere il Natale al… borgo di San Benedetto!? Piace agli organizzatori, agli attori e ai cittadini intervenuti numerosi per assistere alle dodici scenette in vernacolo sambenedettese, pensate ed ideate dal regista Alfredo Amabili e da Vittoria Giuliani.
Un’ora prima dell’apertura, in entrambi i giorni, c’era già la fila all’ingresso. Fortunatamente, novità di quest’anno introdotta dal Comitato di quartiere del Paese Alto e dall’Associazione Amici del Paese Alto, c’era un punto ristoro proprio lì dove si formava la coda, dando, a chi voleva, la possibilità di ingannare le due ore di attesa con frittelle, frittejette, panini con salsiccia, vin brulè, e altre prelibatezze.

Riguardo all’aspetto artistico, dopo quindici edizioni, il format è collaudato: le scenette tutte rigorosamente in dialetto, si sono susseguite in modo incalzante tra una vietta e l’altra dell’antico borgo. Non c’è stato bisogno neanche di preoccuparsi a realizzare grandi scenografie perché l’ambientazione è già suggestiva di per sé. Antichi portoni, piccoli dettagli di una finestra o dell’angolo di una piazza, grazie agli attori dell’Associazione Ribalta Picena, si sono rituffati nel loro passato, un passato ormai lontano, ma che fa ancora capolino in questo nuovo millennio.

Natale al Borgo non è semplicemente un evento per intrattenere il pubblico sotto le feste natalizie; occorre riconoscergli anche il suo valore culturale che è quello di ricordarci le nostre radici, il nostro passato. Bisognerebbe insistere molto su questo aspetto perché conoscere la nostra storia è fondamentale per recuperare i valori fondamentali di una società civile.

Forse Natale al Borgo piace perché si distingue dalle altre manifestazioni di questo periodo tutte incentrate, giustamente, sulla Natività, mentre le sue scenette sono di vita quotidiana, un quotidiano lontano, ma che si ripete anche oggi, in forme e modi diversi. I sentimenti, le gelosie, le invidie, le passioni, sono sempre gli stessi, ieri e oggi, e il pubblico, sempre più numeroso nel corso degli anni e che approva le varie scenette con applausi e risate, evidentemente ci si riconosce in più di una situazione.

È un format collaudato e quindi format che vince di solito non si cambia. Eppure, forse, proprio per il suo valore storico-culturale si potrebbe osare di più e proporre qualcosa di nuovo. Si potrebbe integrarlo rievocando episodi di cronaca cittadina, come la disgrazia del Rodi, raccontare la storia del Santo Patrono, proporre le storie dei nostri concittadini che si sono distinti nel tempo, come quella del Venerabile Padre Giovanni dello Spirito Santo, o quella di don Francesco Sciocchetti giusto per citarne due.

E forse si potrebbe proporre un’edizione estiva e magari scoprire che, in fondo, a turisti e cittadini piace anche trascorre non solo il Natale, ma anche l’Estate al borgo…

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