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La basilica di San Clemente a Roma

La Basilica di San Clemente

La basilica di San Clemente è a metà strada fra San Giovanni in Laterano e il Colosseo. Essa è intitolata al quarto vescovo di Roma. Ciò che la rende un unicum è il fatto che questo complesso monumentale si articola su tre livelli, costruiti in epoche successive. Visitando questo sito si può compiere una sorta di viaggio nel tempo. Iniziamo allora questa visita.

Il mitreo e gli horrea

Scendendo a dieci metri nel sottosuolo di Roma, ci troviamo in due ambienti risalenti ad un’epoca compresa fra il I e il IV secolo d.C.: il mitreo e gli horrea.

Il Mitreo è un luogo di culto dell’antica religione mitraica, originaria della Persia e piuttosto diffusa nell’antica Roma. L’ambiente nel quale ci troviamo si compone di tre stanze: l’anticamera, la sala dell’insegnamento, dove veniva impartita la dottrina mitraica, e la sala del culto, dove venivano celebrati i riti sacri.

In quest’ultima sala, gli adepti, stando seduti su dei sedili disposti a ferro di cavallo, assistevano al sacrificio di un toro, che veniva immolato su un’ara, posta al centro della sala.

Adiacente al mitreo, sorgevano gli horrea (=magazzini). Si tratta di tante rimesse che avevano tutte l’affaccio rivolto verso un cortile centrale. Abbiamo dunque visitato un edificio religioso ed uno civile.

L’antica basilica di San Clemente

Salendo ora al secondo livello, situato a 4 metri dalla superficie, ci troviamo nell’antica basilica di San Clemente, costruita all’inizio del V secolo. Vi si accedeva attraverso un nartece. Entrando nella chiesa essa si presentava a tre navate.

Oggi bisogna lavorare molto di fantasia per capire come doveva essere, perché ci sono molte strutture moderne che fanno in modo di sorreggere la nuova basilica di San Clemente che si trova sopra.

Questa basilica venne affrescata nell’XI secolo per volontà della famiglia Rapiza. In un primo dipinto vediamo l’immagine, purtroppo tagliata a causa della costruzione della basilica superiore, di San Clemente seduto in trono accanto agli altri primi pontefici: Pietro, Lino ed Anacleto.

Al centro del dipinto vediamo San Clemente che sta celebrando la messa. In chiesa si introduce il prefetto pagano Sisinnio che è venuto a prelevare con la forza sua moglie Teodora che è cristiana. Egli però diventa cieco e sordo.

Nella parte più bassa vediamo rappresentato il seguito della storia. Clemente si reca nel palazzo di Sisinnio e gli ridona la vista, ma egli, ingrato, ordina ai suoi servi di arrestare Clemente. Essi però, in preda al delirio, invece che arrestarlo, si accaniscono contro una colonna, provocando la furibonda reazione del loro padrone che inveisce dicendo, in italiano volgare, “Traite fili de le pute”, espressione che non c’è bisogno di tradurre. Si tratta di uno dei più antichi documenti della lingua italiana e il primo “fumetto” della storia!

Secondo la tradizione, Clemente venne esiliato in Crimea e ucciso per la sua fede. Venne gettato nel Mar d’Avoz con una pesante ancora, che da allora è divenuto il suo caratteristico simbolo. Racconta la leggenda che gli angeli costruirono per lui una tomba subacquea e che, una volta all’anno, le acque si ritiravano, permettendo a numerosi fedeli di visitare il luogo di sepoltura del santo.

Durante uno di questi pellegrinaggi, una donna per sbaglio vi lascio il proprio bambino, che ritrovò illeso l’anno successivo. È quanto è dipinto in una raffigurazione presente nel nartece.

Sempre nel nartece si trova il dipinto della traslazione del corpo di San Clemente. Nel IX secolo il suo corpo venne ritrovato dai Santi Cirillo e Metodio, i quali lo portarono a Roma dove i resti mortali di Clemente vennero accolti da una gran folla e dal Papa.

Altri due dipinti che si conservano in questa basilica richiamano il tema cristologico. Vi troviamo infatti una “Discesa di Cristo agli inferi”e una “Ascensione”.

La nuova basilica di San Clemente

Venendo finalmente in superficie, possiamo ammirare lo splendido mosaico. In alto, iscritto in un clipeo azzurro, vediamo il busto di Cristo che con una mano regge il Vangelo, mentre con l’altra benedice. La croce del nimbo ha i colori dell’arcobaleno.
Il Cristo è attorniato dai simboli dei quattro evangelisti: leone (Marco), angelo (Matteo), aquila (Giovanni), e toro (Luca). Mentre i primi due reggono il proprio vangelo, gli altri hanno in mano la corona di gloria.

Più in basso ci sono 4 santi. San Lorenzo indossa la dalmatica. I suoi piedi poggiano su una graticola che ricorda il suo martirio. Segue poi Paolo stempiato e con la barba lunga a punta. A sinistra abbiamo invece Pietro con la barba e i capelli corti. Accanto a lui c’è San Clemente, che con una mano indica l’ancora, strumento del suo martirio. Infine osserviamo due profeti: Isaia e Geremia che hanno entrambi in mano un cartiglio.

Concentriamoci ora sul mosaico dell’abside. La mano di Dio usa la croce come una spada e la conficca per terra, facendo nascere una pianta che, con i suoi racemi, abbraccia tutta la realtà. Sulla croce, dove il Cristo giace esamine, ci sono dodici colombe, simbolo dei dodici apostoli, che condividono con il loro martirio la sorte di Gesù. A sinistra e a destra ci sono Maria e Giovanni.

Ai piedi della croce, sgorgano 4 fiumi, ai quali corrono ad abbeverarsi due cervi. Il numero quattro ricorda i 4 vangeli, ma anche i 4 fiumi che scorrevano nel giardino del paradiso. I cervi, per bere l’acqua, devono piegare le loro teste, segno dell’umiltà che l’uomo deve avere nell’accogliere la rivelazione di Dio.

Si vedono poi tutte scene rurali, come, ad esempio, quella di una donna che dà a mangiare a degli uccellini, oppure che veglia sulle sue pecore. Se osserviamo fra i racemi, possiamo notare molte figure. Ci sono 4 dottori della Chiesa (Agostino, Girolamo, Gregorio ed Ambrogio); i membri della famiglia che ha commissionato il mosaico e vari uccelli che volano o che danno a mangiare ai loro piccoli. Non mancano alcuni “geni”.

Nella parte bassa del mosaico vediamo dodici pecore (simbolo dei dodici apostoli) che vanno incontro al Cristo-Agnello di Dio uscendo dalle città di Betlemme e Gerusalemme. Il mosaicista ha voluto così rappresentare l’idea che la Chiesa nasce dal Mistero della nascita (Betlemme) e da quello della morte e resurrezione (Gerusalemme) di Gesù.

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Nicola Rosetti: