SAN BENEDETTO DEL TRONTO – Gioco d’azzardo patologico: fenomeno in crescita nel nostro territorio. Lo dice lo Sportello d’ascolto e consulenza curato dalla Cooperativa Sociale AmaAquilone, in sinergia con il dipartimento dipendenze patologiche dell’Asur Area Vasta 5.

Questo servizio si disloca su quattro sedi: Porto d’Ascoli, Pagliare, Ascoli e Comunanza. Le prime due sono coordinate dalla dottoressa Marta Bugari, le altre dalla dottoressa Maria Aureli. Dall’apertura dello sportello (nel 2012) alla fine dello scorso anno, sono state prese in carico 80 persone, di cui 28 ancora attualmente in carico. Si sono poi registrate 13 dimissioni (ossia termine del percorso di recupero con esiti positivi) 28 abbandoni e 1 trasferimento.
Delle 80 persone inserite nel percorso di Ama-Aquilone, 67 sono marchigiani, con una preponderanza di residenti ad Ascoli, ed il restante dall’Abruzzo. Le donne risultano essere il 12% del totale. A fronte delle 80 persone prese in carico, si sono avuti ben 640 colloqui e 290 contatti tra telefonate e mail.

Se chiedete alle operatrici di formulare un profilo-tipo dell’utente, vi risponderanno che ci si può trovare davanti ad un uomo, lavoratore, di età media tra i 35 ed i 60 anni, sposati e padri, con dipendenza unicamente per il gioco d’azzardo, in particolare Slot machine e Gratta e vinci. A tal proposito, in base ai dati snocciolati da Ama-Aquilone, in cima ai giochi che danno dipendenza patologica ci sono proprio le Slot machine, seguite a ruota dai “Gratta e vinci” e dalle scommesse. Attualmente, AmaAquilone segue anche 19 familiari di ludopatici, a cui vengono offerti colloqui di sostegno.

Secondo le due esperte, l’aumento dei casi registrato negli ultimi anni è da addebitare all’aumento dei luoghi dov’è possibile giocare. Sale-slot, ma anche bar e altri ritrovi.
Nel caso del gioco d’azzardo patologico, sostengono Aureli e Bugari, s’invertono i canonici meccanismi che regolano la domanda e l’offerta (generalmente la seconda cresce per assecondare un aumento della prima) in un perverso meccanismo che rende l’offerta dominante sulla domanda. Insomma: più si può giocare e più si gioca.
«Statistiche recenti ci dicono che a tre minuti a piedi da ogni abitazione, in media, c’è un punto dove poter giocare – dice la dottoressa Aureli -. Inoltre, negli anni dopo il terremoto de L’Aquila del 2009, l’Abruzzo ha più che raddoppiato i suoi volumi di gioco, aumentando anche i casi di gioco patologico. Temo che si sta ripetendo la stessa cosa col sisma del 2016, che ha colpito anche le Marche. Tramite il gioco, le persone assecondano una voglia di rivalsa, più che i soldi, insegnano il sogno di migliorare la propria situazione».
Ma accade l’inverso e si rischia di creare problemi a sé ed alle persone a cui si vuole bene.

«Spesso sono i familiari del giocatore compulsivo che ci contattano, notano il loro caro cambiato nel carattere, in genere più irascibile e scontroso. C’è chi dice di vedere un turbamento nello sguardo. Poi, certo, alle difficoltà di relazione si aggiungono quelle economiche, visto che al gioco si possono arrivare a spendere molti soldi» prosegue la dottoressa Bugari.

Guarire da quella che ormai anche il Sistema Sanitario Nazionale considera come una vera e propria malattia non è affatto semplice. «Tanti nostri utenti ci chiedono soluzioni rapide – prosegue Aureli -. Ma purtroppo non ne abbiamo. Per questo tipo di dipendenza non c’è “metadone”». Il percorso riabilitativo, in media, è piuttosto lungo. Come primo passo c’è l’auto-consapevolezza del problema. Una volta che la persona sa di essere malata, si può passare a trovare una soluzione, con un lavoro sia a carattere cognitivo (vanno disinnescate le “scuse” con cui la persona giustifica, anche a se stessa, il gioco) che comportamentale: il giocatore patologico s’identifica nel gioco, ci si immerge per lungo tempo e, dunque, occorre riempire lo spazio ed il tempo che, fino a ieri, si dedicava al gioco. Ricreare, insomma, una normalità perduta.

Tutte cose che non avvengono certo dall’oggi al domani e che richiede tanto impegno, sia dei diretti interessati, che dei familiare e, non da ultime, le figure professionali impegnate nelle azioni di recupero. Ma anche l’aiuto reciproco tra i giocatori compulsivi che “vogliono smettere” può essere di grande aiuto. Non a caso, AmaAquilone organizza uno spazio d’ascolto e di condivisione esperienziale: 2 volte al mese, per circa un’ora e mezza a seduta. Guidati da personale esperto, gli utenti riflettono su alcuni spunti della loro esperienza quotidiana: dalla vita in famiglia alla gestione del denaro. Un auto-aiuto importante nel cammino verso la guarigione.

Per contattare lo Sportello: 392-4197983 (dott.ssa Aureli) 392-4197997 (dott.ssa Bugari) oppure la mail: sportellogap@ama.coop.

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