Non c’è soltanto l’aspetto “regolatorio”, ma c’è soprattutto “l’aspetto affettivo. Come in una famiglia, quando c’è qualcuno che ha problemi psichici, si fa quadrato intorno a lui, si chiama anche il medico, ma in modo speciale gli dimostra affetto e vicinanza”. Così davanti ad una situazione di disagio nella vita religiosa e sacerdotale, nelle comunità religiose deve accadere la stessa cosa: “Il primo passo per la guarigione non è mandarli dallo psicologo, ma darsi da fare per creare un sistema di relazioni autentiche nei rapporti interpersonali”. È quanto ha affermato il comboniano padre Giuseppe Crea, intervenendo nel pomeriggio alla 57ª Assemblea generale della Conferenza italiana dei superiori maggiori.
Non c’è da stupirsi se accadono casi di disagio, ci sono sempre stati, dice padre Crea. “Oggi però – ha proseguito il padre comboniano, parlando ai 120 superiori presenti all’incontro di Salerno – il contesto culturale e anche l’uso a volte smodato dei social stanno facendo emergere picchi di contabilità malata, affettività sfasata e tutto un sottobosco di altri comportamenti trasgressivi che talvolta evolvono verso vere e proprie patologie gravi o gravissime, come nel caso della pedofilia”.
Bisogna però tener presente, nei casi di disagio, ha aggiunto padre Crea, che spesso ci sono molti segnali che possono essere intercettati prima che esplodano i problemi. E qui si inserisce l’aspetto dell’accompagnamento: “Bisogna pensare che la malattia evolve, che c’è un prima e ci può essere un dopo e che, se tutto viene vissuto in un contesto di formazione permanente, può diventare occasione di crescita”. In ogni caso – ha chiarito il comboniano – “spetta al superiore maggiore e anche alla comunità un costante monitoraggio anche per evitare che il disagio si trasformi in qualcosa di molto più grave”.

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