Dalle Monache Clarisse

SAN BENEDETTO DEL TRONTO – La celebrazione eucaristica di ieri ci ha viste, insieme al nostro Vescovo, Mons. Carlo Bresciani, riunite in preghiera per le vocazioni di speciale consacrazione.

La vocazione profonda dell’uomo, ha esordito Mons. Carlo nella sua omelia, non è la solitudine ma l’incontro con l’altro: «Non è bene che l’uomo sia solo», leggiamo nel libro della Genesi.
«Allora il Signore Dio plasmò dal suolo ogni sorta di animali selvatici e tutti gli uccelli del cielo e li condusse all’uomo…».

Prendersi cura del creato è parte integrante della vocazione umana ma, continua ancora la prima lettura, «l’uomo non trovò un aiuto che gli corrispondesse».

La vocazione non è realizzata dal semplice prendersi cura degli animali, essi non sono sufficienti. Ecco allora la creazione della donna: «Questa volta è osso dalle mie ossa, carne dalla mia carne […]. Per questo l’uomo abbandonerà suo padre e sua madre e si unirà a sua moglie, e i due saranno un’unica carne»: il matrimonio è vocazione ad una relazione profonda tra l’uomo e la donna, una unione indissolubile.

Ma…tutta qui la vocazione dell’uomo?

Un ulteriore passo avanti si ha riflettendo sul Vangelo che la liturgia ci propone, brano che ci presenta l’incontro tra Gesù e la donna siro-fenicia venuta ad implorare il Signore per la guarigione della propria figlioletta, posseduta da uno spirito impuro.

Una donna che si prende cura della propria figlia: segno di una vocazione che chiama a prendersi cura degli altri.

Prendersi cura degli animali, prendersi cura della propria moglie, prendersi cura dei propri figli, prendersi cura degli altri…ma come?
La vocazione si realizza quando il nostro prenderci cura diviene come il prendersi cura messo in atto da Gesù che guarisce e dona salvezza.

La celebrazione termina con l’esortazione del Vescovo alla preghiera, affinché la nostra vocazione sia sempre più di apertura agli altri, una vocazione ad essere sempre più come Gesù, cioè figli di Dio.

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