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Nella Chiesa degli albanesi a Roma, don Ernest Simoni, il prete albanese, che ha commosso Papa Francesco, per la sua storia fatta di carcere, torture, condanne a morte, ha celebrato messa e poi ha presenziato la presentazione del libro scritto da Mimmo Muolo e che racconta la sua storia. Don Ernest ha festeggiato con la sua gente la nomina e cardinale avvenuta sabato 19 novembre.

A presentare il libro del neocardinale è stato Visar Zhiti, incaricato d’affari albanese presso la Santa Sede. Visar Zhiti è anche un poeta di valore internazionale, condannato dal regime per le sue poesie, si è trovato nelle stesse carceri dove c’era don Ernest Simoni.

Ha raccontato Zhiti: “Questo giorno per me è un miracolo, esce dalla realtà quotidiana e oltrepassa anche i sogni… Molti anni fa, se qualcuno avesse osato di dirci di nascosto lì in carcere, che quell’uomo tranquillo, il quale puliva in silenzio le tavolate su cui avevano mangiato i carcerati, un bel giorno sarebbe diventato cardinale e tu, suo compagno di pena, durante la presentazione di un libro scritto su di lui, avresti preso la parola in qualità di capo della delegazione dell’Ambasciata Albanese presso la Santa Sede, nessuno lo avrebbe mai creduto”.

“Se quella voce profetica – ha proseguito Zhiti – allora avesse insistito, che sì, questo sarebbe avvenuto il 20 novembre 2016… e dove? – a Roma, nella chiesa degli albanesi, in San Giovanni della Malva in Trastevere, forse non avrei retto alla notizia e sarei crollato per terra per la forte emozione”.

Quel miracolo, poi, è avvenuto. E, come diceva Dostojevskij, la vita supera anche la fantasia più sfrenata. “Questa giornata, con questa messa tanto piena di significato, è un dono di Dio”, ha commentato l’incaricato d’affari albanese, che ha raccontato: “Sotto la dittatura più feroce dell’impero comunista, nel primo e unico paese del mondo che si sia dichiarato ufficialmente ateo, nella piccola Albania con i suoi grandi drammi, un uomo chiamato Ernest Simoni Troshani veniva condannato perché era un prete e io venivo condannato per le mie poesie”.

Le chiese, i templi erano stati distrutti dal regime, che intanto aumentava il numero delle prigioni. “Quando io venivo portato in prigione a Spaç – ha detto ancora Zhiti – giovane con le mani tra le spranghe, lì c’era Don Ernest, di 52 anni, che aveva già scontato 17 anni di prigione. Lo avrebbero dovuto liberare un anno dopo, ma non sarebbe stato liberato e avrebbe continuato a scontare la sua pena costruendo canali”.

Del calvario che è stata la sua vita ci parla il libro Don Ernest Simoni – Dai lavori forzati all’incontro con Francesco (Edizioni Paoline), in cui lo scrittore e vaticanista Mimmo Muolo ha magistralmente sintetizzato anche la storia moderna dell’Albania dopo la Seconda Guerra Mondiale, soffermandosi sul martirio del clero cattolico albanese.

38 appartenenti a questo clero, fucilati senza colpe, sono stati proclamati beati qualche giorno fa a Scutari, nella illirica città del Cardinale Ernest Simoni. Sempre di Scutari era l’altro cardinale, nominato tale da Giovanni Paolo II. Anche lui aveva trascorso tutto il periodo comunista tra prigioni e detenzioni. Ambedue i nostri cardinali sono stati dei martiri.

Don Ernest, in prigione, era con tutti gli altri, ma restava isolato. Negli occhi aveva benevolenza e mistero, come un’icona tra le macerie. Ma anche in prigione doveva essere un prete, un celebrante. E poiché non poteva esserlo dentro una chiesa, aveva costruito una chiesa dentro se stesso.

In mezzo alla fame, coloro che avevano più fame, i giovani, dovevano essere aiutati. E quel tozzo di pane che dava nascostamente Ernest, mentre puliva le tavolate, valeva più di una cena carestosa in un ristorante di lusso.

Papa Francesco pianse al racconto delle sofferenze di Don Ernest, i due si abbracciarono… e le lacrime brillavano come diamanti presso la candela accesa tra loro. Questo terzetto, Papa Francesco, Don Ernest e la Candela sono un’immagine emblematica e narra il trionfo sulle sofferenze e la persecuzione. Perché nell’Albania della dittatura erano proibiti

Vizhar Zhiti ha ricordato che “nell’atto di accusa quando mi cacciarono in prigione mi contestarono anche l’incolpevole colpa di aver ascoltato clandestinamente la Radio Vaticana”.

Allo stesso modo era vietato anche don Ernest, le sue messe, le sue preghiere che pronunciava di nascosto per i perseguitati e i persecutori. Se ne parla anche nel libro. Si sono celebrate anche messe di nascosto, sotto terra, nelle viscere della miniera del carcere. Ci sono stati anche dei battesimi clandestini, per i quali si veniva nuovamente condannati. “Il nuovo cardinale tra di noi è un dono da parte di Papa Francesco, anche come una ricompensa delle sofferenze – ha sottolineato Zhiti -. La gioia sembra una festa. Anche il Primo Ministro albanese di Rama ha abbracciato il nostro Cardinale proprio con lo stesso affetto con cui un figlio abbraccia il padre”.

“Intanto, come ho detto, era vietata anche la candela, la sua luce – ha ricordato l’incaricato d’affari -. Sì, sì davvero. Non è una metafora letteraria, è una metafora del vero dolore. Nell’Albania comunista non erano permesse le candele, venivano considerate un residuo religioso. Eppure una delle poesie albanesi più belle, scritta dal poeta nazionale Naim Frasheri, si intitola Le parole della candela. La candela è il missionario della luce”.

Questo terzetto del trionfo ispira anche questo libro, ed è per questo che la sua immagine è stata messa nella sua copertina. “Ringraziamo le Edizioni Paoline per le opere straordinarie che ci dà e lo scrittore Mimmo Muolo, che scrive degli Albanesi – ha detto Zhiti -. Siamo scesi in frotta dal nostro Golgota, redivivi. Abbiamo di nuovo rivolto gli occhi alla Speranza e a Dio. Le porte che la dittatura aveva chiuso a Santa Madre Teresa le abbiamo aperte insieme ai nostri cuori. E stiamo continuando la strada europea verso il sogno comune. In questo Giubileo della Misericordia, abbiamo celebrato anche il venticinquesimo anniversario del ristabilimento delle relazioni diplomatiche tra la Repubblica d’Albania e il Vaticano, mentre le relazioni degli Albanesi con la Santa Sede durano da secoli. Con martiri che ci guidano verso la pace e la luce”.

Alle fine dell’incontro, Visar Zhiti i ha regalato al neocardinale un dipinto fatto da Gjergj Kola in cui si riproduce l’incontro con Papa Francesco.

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