ViganòNell’ambito della quarta edizione padovana del Festival Biblico, allo Studio teologico della basilica di S. Antonio  ieri due ospiti d’eccezione: monsignor Dario Edoardo Viganò, prefetto della Segreteria per la comunicazione della Santa Sede, e il filosofo Umberto Curi, hanno ieri incontrato alcuni studenti del liceo di Scienze umane Maria Ausiliatrice di Padova, ascoltando e provando a rispondere alle loro riflessioni sulle novità della dimensione comunicativa introdotta da papa Francesco e i temi forti del Giubileo della misericordia. Quale percorso porta una persona come monsignor Viganò a stare vicino a persona importante come Papa Francesco?, chiede un ragazzo. “Non l’ho pianificato, ho solo potuto fare le cose che mi piacciono con grande passione – risponde monsignor Viganò – cercando di avere sempre accanto a me gente più brava di me. Se hai accanto persone più brave fai un ottimo lavoro, se hai degli ‘yes men’ farai un pessimo lavoro”. Ma lo stile della comunicazione del Papa è genuino o studiato? “Il Papa è proprio così – assicura monsignor Viganò – esattamente come quando è arrivato sulla loggia di San Pietro, appena eletto, chiedendo una preghiera su di sé prima di dare la sua benedizione alla gente che lo acclamava. Questo gesto è stato a suo modo un evento fondativo, il modello che crea un anti modello. Quando si crea empatia con le persone che si hanno di fronte, il linguaggio dell’oralità è molto più incisivo di un discorso logico argomentativo che non vibra e non tocca”.

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