Di Riccardo Benotti

Pubblicato il documento “Identità e missione del fratello religioso nella Chiesa” realizzato dalla Congregazione per gli Istituti di vita consacrata e le Società di vita apostolica. Ampio spazio al riconoscimento di una vocazione che si caratterizza per “una profonda sensibilità per tutto ciò che lede la dignità” dei più piccoli, degli oppressi e degli abbandonati. Resta aperta la questione realtiva alla diversa dignità ecclesiale tra religiosi sacerdoti e fratelli all’interno degli Istituti misti, con la possibilità di eleggere un superiore tra le fila dei membri laici

Dopo un lungo periodo di gestazione, e un’attesa accompagnata dalla speranza di cambiamento, è stato finalmente pubblicato oggi il documento “Identità e missione del fratello religioso nella Chiesa” realizzato dalla Congregazione per gli Istituti di vita consacrata e le Società di vita apostolica. Nel testo trova ampio spazio la descrizione di una forma di vita consacrata che esiste “fin dai primi secoli del cristianesimo” ed è “espressione del vivo desiderio di uomini e donne di vivere il Vangelo con la radicalità che propone a tutti i seguaci di Gesù”. Ancora oggi, si legge, “i membri della vita consacrata laica – uomini e donne – rappresentano la grande maggioranza”.

Nel tempo della grande crisi vocazionale, il cui inizio si può identificare dagli anni del post-Concilio,

il numero dei religiosi è diminuito inesorabilmente dai quasi 330mila del 1965 ai neanche 200mila del 2014.

A pagarne le spese maggiori sono stati soprattutto i religiosi fratelli che, in molti Istituti, hanno registrato un calo dei membri superiore al 50%. Il dato, naturalmente, deve essere interpretato anche alla luce della missione educativa e scolastica svolta in prevalenza dalle Congregazioni religiose laicali, che ha registrato nei decenni una presenza sempre maggiore da parte degli Stati. Tuttavia, la vocazione del religioso fratello resta uno specifico all’interno della Chiesa di cui fino ad oggi non si era ancora dibattuto in maniera organica.

Il documento, dunque, segna un passaggio importante nel processo di riconoscimento e di valorizzazione del servizio svolto da un gruppo di consacrati che rappresenta la quinta parte del totale dei religiosi maschi nella Chiesa.

E, soprattutto, identifica con chiarezza le dimensioni proprie di una vocazione che si caratterizza, tra l’altro, per “una profonda sensibilità per tutto ciò che lede la dignità dei più piccoli del popolo, degli oppressi dalle diverse forme di ingiustizia, degli abbandonati al margine della storia e del progresso, di coloro che, in definitiva, hanno meno possibilità di esprimere la buona notizia dell’amore di Dio nella loro vita”.

Anche la qualità della vita di fraternità dei religiosi fratelli è indicata come “uno stimolo per tutta la Chiesa, perché, di fronte alla tentazione del dominio, della ricerca del primo posto, dell’esercizio dell’autorità come potere, rende presente il valore evangelico delle relazioni fraterne, orizzontali”. Inoltre il documento, sulla scorta dell’esortazione apostolica “Vita Consecrata”, individua l’essenziale della vita consacrata nella volontà di “conformarsi a Cristo  nel suo modo di vivere, vergine, povero e obbediente”. Durante i secoli, precisa, “quest’obiettivo, essenziale alla vita consacrata, nella vita religiosa maschile ha corso il rischio di passare in secondo piano, rispetto alle funzioni presbiterali. Per restituirgli il suo spazio proprio, lo Spirito suscitò lungo la storia fondatori che posero l’accento nel carattere laicale delle loro fondazioni”.

Il documento della Santa Sede non si rivolge tanto alle Congregazioni religiose laicali quanto al resto della Chiesa che ancora non conosce con esattezza quali siano l’identità e la missione del religioso fratello.

Se si pensa che la redazione del testo si è protratta per oltre un lustro, si comprende la difficoltà di affrontare una questione che ancora trova resistenze all’interno della Chiesa, in virtù di una irrisolta querelle legata alla diversa dignità ecclesiale tra un ministro ordinato e un religioso fratello. Il documento, infatti, cita soltanto in chiusura gli Istituti misti formati da religiosi sacerdoti e fratelli i quali, si legge, “sono invitati a proseguire nel loro proposito di stabilire tra tutti i loro membri un ordine di relazioni basato sull’uguale dignità, senza altre differenze che quelle derivanti dalla diversità dei loro ministeri. Al fine di favorire questo progresso, auspichiamo che si risolva con determinazione e in un lasso di tempo opportuno la questione riguardante la giurisdizione dei fratelli in questi Istituti”. Il tema è ancora da sviluppare, in particolare per quel che riguarda la

facoltà di eleggere un superiore – locale, provinciale e generale – tra le fila dei membri laici.

Possibilità caldeggiata da tanti superiori di Istituti misti che, tuttavia, è collegata alla necessità di una revisione del Diritto canonico che, al momento, la esclude. Nel presentare il documento il segretario della Congregazione, monsignor José Rodríguez Carballo, ha annunciato che a riguardo verrà chiesto al Santo Padre di stabilire una commissione ad hoc.

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