PapaSelfie. Mai come in questo viaggio il tentativo di ottenere una foto assieme a Papa Francesco è stato così esasperato. Ci provano in tutti i modi, anche correndo accanto alla utilitaria o alla papamobile, la vettura bianca utilizzata per gli spostamenti. E non sono solo le persone, i fedeli a impugnare il telefono cellulare; abbiamo visto poliziotti delle varie specializzazioni, e i militari che tra un controllo e una occhiata scelgono la strada del selfie. Qualcuno viene rimproverato da un superiore, ma in verità dovrebbero essere quasi tutti rimproverati. Evviva il selfie, dunque. E per chi non è stato fortunato o ha perso l’attimo della foto, niente paura: in città ci sono due riproduzioni a grandezza naturale del primo Papa latinoamericano. Fare un selfie lì non è un problema: basta avere pazienza e attendere fiduciosi in fila.
Ci sono poi i selfie in tonaca, cioè sacerdoti e religiose che si impegnano in questo atto. I primi anche durante la processione che introduce alla celebrazione a Guayaquil. Poi ci sono le suore che, abilissime, arrivano in prima fila armate di cellulare e nulla sfugge a un loro scatto.
E se proprio non si riesce a scattare la foto, nemmeno con il Papa della riproduzione, c’è una terza possibilità. A un paio di incroci dei venditori offrono a poco prezzo una gigantografia del volto di Francesco. È un’occasione da non perdere per molti che fermano la macchina anche in modo non corretto, ma nessuno sembra lamentarsi, pur di portare a casa questo souvenir.
Voglia di selfie, dunque. Nessuno è esente da questa chiamiamola mania. Anche al Palazzo presidenziale, l’ex Palazzo Reale ribattezzato da Simon Bolivar Palazzo Carondelet, c’è chi ha provato a fare la foto. Il risultato, tra rigore esercitato dagli agenti, e la folla presente, forse non sarà stato quello desiderato. Ci sono ancora due giorni per riuscire nell’impresa. Auguri selfiesti.

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