All’inizio di dicembre abbiamo dato vita alla Compagnia di San Giovanni Damasceno che raccoglie insegnanti di religione, musei diocesani, iconografi, esperti di iconologia e quanti sono interessati a far conoscere la religione attraverso l’affascinante mondo dell’arte. La convinzione dell’importanza di questa piccola, ma speriamo significativa, esperienza si rafforza quando leggiamo notizie come quella riportata da Tempi.

Stando a quanto descritto dalla testata milanese, il tribunale amministrativo di Grenoble (Francia) ha stabilito la rimozione di una statua della Madonna sita presso un parco nella cittadina di Publier, perché violerebbe la laicità dello stato.

La vicenda appare del tutto paradossale poiché “la statua e il terreno su cui poggia sono stati comprati dalla parrocchia”, come assicura un sacerdote del piccolo paesino. Dunque non siamo solo davanti a un caso di furia iconoclasta, ma addirittura di violazione della proprietà privata.

A intentare la causa contro la pericolosissima (per la laicità francese!) statua della Madonna è stata la Federazione del Libero Pensiero, che già dal nome fa capire in che modo, purtroppo, oggi tante persone intendano la libertà!

È preoccupante che un fatto del genere accada non in una remota parte del mondo, ma nella civilissima Francia. Effettivamente, se la statua verrà rimossa, non sarà difficile vedere in questo episodio un parallelismo con quanto accaduto nel 2001 in Afganistan, dove i talebani distrussero le gigantesche e antichissime statue di Buddha.

E un ulteriore parallelismo si può vedere proprio nella vita di San Giovanni Damasceno, che può essere considerato il primo teologo dell’immagine, al quale abbiamo dedicato la nostra Compagnia. Infatti, il nostro scrisse parecchio in favore delle sacre immagini, poiché il loro culto era mal sopportato dall’Imperatore Romano d’Oriente Leone III Isaurico.

Allora, come oggi, il potere civile commetteva una grave ingerenza nella sfera religiosa. Allora, come oggi, è necessario promuovere o, come in questo caso, difendere la bellezza, perché ad essere messa in discussione è la nostra stessa civiltà.

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