francesco zanottiFrancesco Zanotti, classe 1960, sposato e con prole, è direttore de “Il Corriere Cesenate” e Presidente della Federazione Italiana Stampa Cattolica (Fisc), che riunisce 189 settimanali diocesani. A lui toccherà tirare le somme del primo Meeting dei giornali cattolici che si terrà a Grottammare (AP) dal 12 al 14 giugno 2014. Lo abbiamo intervistato per conoscere qual è dal suo punto di vista la situazione della stampa cattolica oggi.

Quali sono secondo lei i punti di forza dei giornali diocesani?
Il nostro punto di forza, da sempre, è il legame con il territorio. La maggior parte dei nostri giornali associati sono nati sul finire del 1800, al massimo all’inzio del Novecento. Fin da allora i fogli cattolici si sono caratterizzati per essere voce della gente, giornali di popolo. I nomi delle testate, vita, voce, gazzetta, araldo, squilla, difesa indicano con chiarezza il desiderio di mettersi dalla partebdi chi non ha voce.

Questo era vero più di un secolo fa e rimane molto vero anche oggi. Dare voce a chi non ha voce per noi non rappresenta solo uno slogan, ma un modo di essere, di praticare la professione giornalistica: mettersi dalla parte degli ultimi, dei più indifesi. Oggi potrebbe voler dire dare voce al territorio, nel sovrastare di un’informazione che ruota tutta attorno alle tv e ai grandi network.

Su quale versante invece si potrebbe fare di più?
Partendo dal presupposto che c’è sempre da migliorare e che ciò ci deve anche rendere sanamente e santamente inquieti, è nel rapporto tra carta stampata e rete che possiamo, dobbiamo e vogliamo migliorare. La carta stampata, se così posso esprimermi, costituisce il nostro core business. È il nostro legame principe con i nostri lettori.

A livello locale, la tv e la rete prendono notizie dalla carta stampata che è in quasi tutti i territori ancora leader indiscussa. La rete, però, avanza e spopola tra i giovani. Per questo ci interroghiamo già diverso tempo. Nessuno ancora sa come andrà a finire questa sorta di lotta. La storia ci insegna che un nuovo media non ha mai cacciato il precedente.

Dopo un primo momento di oblio, ogni media ha avuto influssi positivi dal sopraggiungere di quello nuovo. Non sappiamo se accadrà lo stesso anche con la rete. Sappiamo che la rete oggi amplifica i nostri giornali, allarga gli spazi e i confini. Ci fa uscire dall’angolo settimanale e ci offre l’opportunità di anticipare anche i quotidiani.

Sarà importante non cannibalizzare la carta, ma le funzioni del giornale di carta e del sito online, a mio avviso, sono molto diverse. Anche i quotidiani si stanno sempre più settimanalizzando, con più spazio ai commenti e meno pagine. Noi possiamo solo approfittare dell’avvento della rete. Certo, c’è anche un altro lato della medaglia: con la rete non si stacca mai. Ma è anche il bello del nostro mestiere che io considero come missione-vocazione.

A suo giudizio, quanto influisce oggi la stampa cattolica in quelle che il decreto conciliare “Inter mirifica” chiama “rette opinioni pubbliche”? La visione cattolica è marginalizzata e respinta oppure riesce ad essere incisiva nel dibattito pubblico?
La stampa cattolica incide e può incidere, eccome. Non deve essere una stampa devozionale, clericale, ma solo cristianamente ispirata. E in quel solo c’è il tutto. Uno da cattolico fa il mestiere del giornalista. Voglio dire che la fede incide totalmente sulla vita e dà un senso anche al giornalista, come a chiunque altro.

In questo senso possiamo incidere sul pensiero di oggi, ma non per vano proselitismo, ma perchè convinti che l’esperienza cristiana sia il meglio per me, per ciascuno di noi, per ogni persona. È il centuplo quaggiù. Ecco perchè ha senso parlare di “formare informando”. Non dobbiamo e non possiamo separare informazione e formazione. Ma con una ottima informazione, cristianamente ispirata, potremmo fare ottima formazione.

Un’ultima consideazione: per vincere un certo pregiudizio nei confronti della stampa cattolica, dobbiamo essere più bravi degli altri, più professionali. Al bando quindi il pressapochismo e l’accontentarsi. Non ci possiamo permettere di vivacchiare, tutt’altro. Per assurdo, alla maniera di don Oreste Benzi, non potremmo permetterci neppure di dormire. Dobbiamo stare con le antenne alzate, vigilanti, sempre.

Oggi internet permette una vera interazione fra le testate e i loro lettori. Secondo lei, i lettori cattolici considerano loro stessi solo spettatori oppure si sentono coinvolti nel processo di informazione?
Non è questione di lettori cattolici. Online la gente si sente più protagonista, ma dopo una prima ubriacatura iniziale, oggi vedo tutti un po’ più disillusi. Attenzione: anche in rete le notizie provengono per la maggior parte dalla carta stampata. Che la rete sia la piazza di una nuova democrazia resta ancora da vedere e verificare.

In rete ci si sente più liberi, ma è jna finta libertà perchè tutto è filtrato e orientato. Nessuno sa cosa ci riserverà il domani. Non lo sappiamo neppur noi. Però vogliamo esserci e ci vogliamo essere da protagonisti. Abbiamo una parola importante da portare all’uomo di oggi. Una parola di speranza. In quella parola c’è già tutto.

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