Oratorio

DIOCESI – Pubblichiamo la lettera suggerimento per gli oratori diocesani per preparare con i ragazzi e i giovani il tempo di avvento, per scaricarla clicca Incontro 24 novembre 2013.

“In questa ultima domenica dell’anno liturgico è bene introdurre il tempo di Avvento/Natale. Si legge nell’Ufficio delle letture della I domenica di Avvento nel responsorio dopo la lettura patristica:
“Guardo da lontano e vedo arrivare la potenza del Signore, come una nube che copre la terra; andategli incontro e dite: Sei tu colui che aspettiamo, il Re della casa d’Israele? Voi tutti, abitanti della terra, figli dell’uomo, poveri e ricchi insieme, andategli incontro e dite: Pastore d’Israele, ascolta, tu che guidi il tuo popolo come un gregge, sei tu colui che aspettiamo?

Sollevate, porte, i vostri frontali; alzatevi, porte antiche: entri il Re della gloria, il Re della casa d’Israele”.

Il responsorio che sigilla l’Ufficio delle letture della prima domenica di Avvento è un’eccellente sintesi degli atteggiamenti che la liturgia fa vivere ai credenti in questo tempo. È l’attesa di un popolo intero, è soprattutto l’attesa di un popolo di poveri, desideroso di abbracciare l’unico che può dargli vita e salvezza. È un’ attesa dinamica poiché egli viene incontro al suo popolo, ma anche il popolo si mette in cammino verso il suo Signore. Dono e impegno come il sentimento di stupore misto a invocazione ardente che permea questa preghiera densa di riferimenti biblici (cfr. Mt 11,3, Sal 49,3, Mt 25,6; Sal 80,2; Sal 24,7.9). Soprattutto l’immagine conclusiva delle porte del tempio è particolarmente efficace per cogliere la dinamica iniziatica del tempo di Avvento. Se il Signore entra solennemente nel suo tempio, come Cristo è entrato nella storia dell’uomo, anche il credente è chiamato a varcare la soglia del rito per accedere per via simbolica al mistero che lo rigenera. L’Avvento, vera soglia dell’anno liturgico, è icona temporale e liturgica di Cristo, porta delle pecore (cfr. Gv 10,9), attraverso la quale i discepoli devono passare se vogliono avere salvezza.
Un passaggio necessario nei ritmi e nei simboli per accogliere il Re della gloria e lasciarsi da lui risollevare.
Evidentemente l’atteggiamento della vigilanza è l’atteggiamento fondamentale.
Nella celebrazione i tempi si contraggono e la memoria del passato e della lunga attesa di Israele prepara, prelude e, in qualche modo realizza, l’attesa della Chiesa. Pertanto «è ormai tempo di svegliarvi dal sonno, perché adesso la nostra salvezza è più vicina di quando diventammo credenti» (Rm 13,11). Se il sonno è sinonimo di assenza e di incoscienza, la veglia o vigilanza, invece indica presenza e consapevolezza. Non a caso, da sempre, una delle forme celebrative più sentite è proprio quella del pregare vegliando dove l’assemblea “osa” interrompere il modo consueto di vivere la notte, ovvero il riposo e il sonno, per riconoscere nella lode e nella supplica Colui che sempre viene.

La notte, allora, si fa simbolo eloquente della vita credente nella quale è sempre urgente la rottura con il sonno e il buio del peccato e l’apertura allo Sposo che arriva all’improvviso (cfr. Mt 25,1-13; Lc 12,35). È, dunque, desto colui che si prende a cuore le proprie sorti e le sorti del proprio prossimo e sa che la vigilanza, orante e attiva, è la via maestra per accogliere, con rinnovato stupore, colui che sta alla porta e bussa nell’attesa che gli apriamo per poter cenare con noi (cfr. Ap 3,20).

In questo “mattino” dell’anno, quale è l’Avvento, il credente si apre alla speranza e si inebria della luce di Cristo: «Chi crede, vede; vede con una luce che illumina tutto il percorso della strada, perché viene a noi da Cristo risorto, stella mattutina che non tramonta» (Francesco, Lumen fidei 1).

L’Avvento è proprio il tempo in cui svegliarsi dal sonno, il momento in cui recepire l’annuncio vivo della Parola che chiama alla conversione e a indossare le armi della luce e a rivestirsi di Cristo (cfr. Rm 13,11-14). L’apostolo utilizza un linguaggio altamente evocativo e simbolico (sonno, risveglio, notte, giorno, tenebre, luce, veste) come la liturgia. Simboli, non mere decorazioni poetiche, e pertanto realtà da assumere totalmente in quanto rimandano a Cristo, il Salvatore, Colui che davvero fa passare l’uomo dalla tenebra alla luce. Se l’Avvento sarà vissuto con questa ricchezza di significanti e di significati, allora esso renderà le comunità veramente esperte nell’attesa, abili nell’invocazione e consapevoli nell’incontro con il Signore (dal Sussidio CEI per l’Avvento/Natale: http://www.chiesacattolica.it/pls/cci_new_v3/V3_S2EW_CONSULTAZIONE.mostra_pagina?id_pagina=51586&rifi=guest&rifp=guest

Per vivere questi atteggiamenti in diocesi abbiamo scelto di evidenziare il segno del banchetto proponendoci tre obiettivi: l’ascolto di Dio che chiama, l’accoglienza di Dio e dei fratelli chiamati e la realizzazione della “convivialità delle differenze”. Siamo servi inutili, ma pur sempre servi del Signore, come ci ricordava il vescovo eletto Carlo nella prima Messa celebrata a Brescia con i preti.

E allora, mentre il Padre imbandisce il banchetto, ‘chiamati per chiamare’, possiamo andare a portare l’invito alle nozze. Diciamo agli amici dello sposo che, ogni volta che ci si raduna attorno all’altare, già si possiamo pregustare la bellezza della fraternità e il cibo della vita.

Dal banchetto eucaristico impariamo ad apparecchiare la tavola di casa o quella degli ambienti di lavoro oppure di svago, per consumare insieme il cibo dell’amicizia e spezzare il pane quotidiano. Mettiamo la tovaglia più bella, accendiamo le luci, apriamo il libro della Parola, prepariamo i fiori per la festa, un po’ di vino, il pane fresco e …sedie per tutti, per gli amici ma anche per chi solitamente siede per terra abituato a contentarsi delle molliche che cadono dal tavolo dei ricchi.

Indicazioni per la celebrazione Eucaristica domenicale
Senza offuscare la vera mensa che è l’altare, per motivi catechetici-pastorali, si suggerisce di mettere nei pressi del presbiterio, in un luogo ben visibile, un tavolo da cucina da preparare di domenica in domenica. Richiamerà l’icona biblica del banchetto scelta per questo anno pastorale, solleciterà a preparare la tavola per chiunque abbia fame, coscienti che saranno proprio le braccia dei poveri ad accoglierci alla festa di nozze che avverrà alla fine della storia.

Nella liturgia domenicale evidenzieremo i riti iniziale e la dimensione dell’accoglienza e i riti finale con il mandato a vivere momenti particolari durante la settimana.

Nelle quattro domeniche, all’inizio della celebrazione si preparerà il tavolo mettendo rispettivamente la tovaglia e la corona d’Avvento, il Libro nella festa dell’Immacolata per sottolineare la dimensione dell’ascolto, i fiori nella domenica in laetare, un pane nella giornata della caritas e Gesù Bambino sul pane la notte di natale. Dove è possibile si possono proiettare le opere d’arte proposte ogni settimana dal sussidio.

Al termine, prima della benedizione, ogni volta una persona può mettere attorno al tavolo una sedia ed invitare alle iniziative proposte per la settimana seguente.

Per l’incontro
Scegliamo quest’anno un metodo particolare per la preghiera degli incontri dei tempi forti: la proposta ripetuta di un brano delle scritture che, ogni volta, rivela una parte importante. Si tratta di spiegare ai giovani che la Bibbia non è un semplice testo ma un bagaglio pieno di meraviglie che vanno gustate gradualmente. Il passo è tratto del Prologo di Giovanni:
1 In principio era il Verbo, e il Verbo era presso Dio e il Verbo era Dio.
2 Egli era, in principio, presso Dio:
3 Tutto è stato fatto per mezzo di lui e senza di lui nulla è stato fatto di ciò che esiste.
4 In lui era la vita e la vita era la luce degli uomini;
5 La luce splende nelle tenebre e le tenebre non l’hanno vinta.
6 Venne un uomo mandato da Dio: il suo nome era Giovanni.
7 Egli venne come testimone per dare testimonianza alla luce, perché tutti credessero per mezzo di lui.
8 Non era lui la luce, ma doveva dare testimonianza alla luce.
9 Veniva nel mondo la luce vera, quella che illumina ogni uomo.
10 Era nel mondo e il mondo è stato fatto per mezzo di lui; eppure il mondo non lo ha riconosciuto.
11 Venne fra i suoi, e i suoi non lo hanno accolto.
12 A quanti però lo hanno accolto ha dato potere di diventare figli di Dio: a quelli che credono nel suo nome,
13 I quali, non da sangue né da volere di carne né da volere di uomo, ma da Dio sono stati generati.
Sottolineiamo in modo particolare il versetto 11.

Il segno
Il tavolo che richiama il fare famiglia, il sedersi attorno allo stesso tavolo: Dio non ha creato “io”. Ha creato “noi”.

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