Negli ultimi anni molte amministrazioni comunali sembrano aver scoperto una nuova vocazione: la tutela degli animali.

Sportelli dedicati, uffici ad hoc, deleghe specifiche, campagne di sensibilizzazione. Tutto legittimo, per carità.

Una società si misura anche da come tratta gli esseri più indifesi, e gli animali meritano rispetto e protezione.
Ma mentre si moltiplicano sportelli, consulenze e comunicati stampa per cani e gatti, qualcosa – o meglio, qualcuno – scompare dal radar delle politiche pubbliche: gli ultimi. I poveri. Gli indesiderati. Quelli che non portano consenso facile né like sui social.

Per loro gli sportelli chiudono, o non aprono mai. Le politiche si assottigliano. I fondi evaporano.

Perché aiutare le persone costa. Costa in termini economici, politici e amministrativi. Richiede case popolari, pianificazione urbana, accompagnamento sociale, investimenti strutturali, continuità. Richiede di sporcarsi le mani, di affrontare conflitti, di fare scelte vere.
Molto più semplice – e mediaticamente rassicurante – aprire uno sportello per gli animali: poco costoso, simbolicamente forte, emotivamente spendibile.

Nessuno protesta, nessuno occupa, nessuno chiede un tetto sopra la testa o un lavoro dignitoso.
Il paradosso è tutto qui: non si tratta di scegliere tra animali e persone, ma di constatare che le persone più fragili stanno progressivamente uscendo dall’agenda politica. Non perché siano meno bisognose, ma perché sono più scomode.

E allora la domanda, volutamente provocatoria, sorge spontanea: per un buon padre di famiglia la priorità è il figlio o il cane? Qualcuno risponderà il cane.

È una risposta legittima, nel privato. Ma quando questa logica entra nelle istituzioni pubbliche, il rischio è enorme.
Una comunità matura non mette in competizione le fragilità. Ma una politica pigra sì. E oggi, troppo spesso, la scelta sembra chiara: proteggere ciò che non chiede nulla e ignorare chi chiede tutto. Anche solo di essere visto.

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2 commenti

  • Maria Gabriella Palmieri
    31/12/2025 alle 12:56

    Amara conclusione, ma purtroppo è così ed è molto grave. Le persone oneste non si trovano più e se ci sono vengono messe in minoranza e estromesse qualora occupino un qualche posto di rilievo! Sempre più in basso!!!

  • Luciano
    31/12/2025 alle 13:25

    Ottima riflessione:agrodolce con retrogusto amaro. Quel tanto di amarezza che fa bene alle nostre bocche e ai nostri stomaci satolli di leccornie e di dolciumi. E poi parleremo di rimetterci a dieta! Tranquilli! "Che brutta malattia che e' la fame !" - disse in una celebre riflessione Pinocchio, il burattino che non ha mai avuto un cuore di legno- , soprattutto quando si accompagna alla nostra distrazione, alla nostra superficialita' e al nostro fastidio per chi e' povero e chiede ....Intanto il nostro cuore continua a pietrificarsi. Capri Otti (scultore e cardiologo)

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