(Foto SIR)

“Stasera porteremo i ragazzi che frequentano la parrocchia al Teatro Massimo per un momento di svago. Non parleremo con loro di quello che è successo. Vogliamo guardare avanti con fiducia”. Padre Giovanni Giannalia parla seduto in una delle sale della parrocchia San Filippo Neri, allo Zen, nella periferia nord di Palermo. Nelle ore precedenti, contro l’ingresso secondario della parrocchia sono stati esplosi alcuni colpi d’arma da fuoco ed è stato lanciato un petardo, che ha provocato uno squarcio alla porta del teatro parrocchiale.

Padre Giovanni Giannalia (Foto SIR)

Proprio quei locali, nelle ultime settimane, avevano ospitato appuntamenti significativi per il quartiere: la riunione della Commissione regionale antimafia e gli Stati generali per l’infanzia, l’adolescenza e le politiche giovanili. “Siamo abituati a definire ‘piccoli’ certi episodi – racconta il parroco – come atti vandalici o petardi che danneggiano la struttura. Stavolta però si è andati oltre”.

Dopo il sopralluogo delle forze dell’ordine, oltre ai danni causati dal petardo sono emersi fori riconducibili a colpi di fucile, calibro 32, con bossoli ancora a terra. “Non è una situazione di paura – chiarisce padre Giannalia – ma questi fatti ci fanno riflettere”.

“È evidente una condizione di insicurezza e di perdita di controllo del territorio, se in un luogo così centrale può accadere una cosa del genere”.

Nella mattinata di ieri, il messaggio di vicinanza dell’arcivescovo, mons. Corrado Lorefice. Nel pomeriggio, la vita parrocchiale riprende. Due bambine entrano nei locali, padre Filippo, nato allo Zen e oggi viceparroco, prima accoglie i fedeli e poi prepara per l’ostensione del Santissimo Sacramaento. Il telefono di padre Giovanni continua a squillare. “Colpisce anche il luogo scelto – sottolinea –. Qui si è parlato di riscatto e di rinascita del quartiere. Vedere porte forate da colpi di fucile proprio dove si costruiscono percorsi di speranza non è una cosa bella”.
Il sacerdote evidenzia anche il rischio concreto per la sicurezza: “Pensiamo se un’esplosione del genere fosse avvenuta durante una rappresentazione teatrale con 200 persone dentro: fumo, boato, panico. Sarebbe potuta essere una tragedia”. Da qui la decisione di segnalare quanto accaduto alle forze dell’ordine.

Il messaggio che padre Giannalia lancia è chiaro:

“Come sacerdote prego e spero nella conversione di questi ragazzi, ma sento il dovere di fare un appello al quartiere e alle istituzioni. Qui ci sono tante persone perbene che lavorano e tanti giovani. Pochi tengono in ostaggio un’intera comunità”.

Per lo Zen, conclude, servono interventi strutturali e continui: “Non si può agire a spot. È necessario un progetto serio, sinergico, intenso”.

“Qui stiamo rischiando di perdere un pezzo d’Italia, con 30-35 mila persone. Se diventa un ghetto, sarà un problema per tutta la città”.

“Questo quartiere è nato da una catena di errori, anche politici, ma non può essere lasciato a se stesso – conclude il parroco -. Noi facciamo la nostra parte, nel piccolo. Vorremmo vedere una vera rinascita”.

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