DIOCESI – Don Daniele De Angelis è il nuovo parroco dell’Unità Pastorale che riunisce la Parrocchia di Santa Maria Goretti e la Parrocchia di San Marcello, nomina voluta dal Vescovo Gianpiero Palmieri. Con un percorso segnato dalla fede, dall’impegno pastorale e dall’amore per le comunità che guida, Don Daniele condivide con noi il suo cammino vocazionale, la sua visione della Chiesa e del ruolo della parrocchia nella società moderna, oltre alle sfide e alle gioie del suo ministero.
Come sei diventato sacerdote? Come hai vissuto la tua chiamata?
“Credo che nel progetto di Dio ci fosse fin dall’inizio la possibilità che io potessi vivere la mia vita attraverso il presbiterato. Ho riconosciuto questa chiamata in modo più concreto attraverso un discernimento ecclesiale. Dopo le superiori, ho attraversato un periodo di profonda inquietudine: cercavo un senso, una pienezza, la felicità, ma ogni sforzo mi lasciava vuoto e confuso. È stato il Signore a raggiungermi, attraverso la mia storia, le persone e la Parola di Dio. Ciò che mi ha profondamente ‘convertito’ è stato riconoscermi figlio amato, prezioso non per la perfezione, ma perché bisognoso di misericordia. Da lì, seguire Gesù e annunciare il Vangelo è diventato il modo naturale per corrispondere a quell’amore.”
Qual è stato il tuo percorso formativo?
“Dopo le superiori ho studiato geologia all’Università di Camerino. Dopo tre anni, ho scelto di entrare al Seminario interdiocesano di Fermo, dove sono rimasto cinque anni, e successivamente ho conseguito la licenza in teologia morale all’Accademia Alfonsiana di Roma. Sono stato ordinato diacono nel 2011 e sacerdote nel 2012. Ho prestato servizio come viceparroco a Stella di Monsampolo, poi nella chiesa di S. Agostino e come vicerettore del seminario regionale ad Ancona. Da tre anni sono parroco a San Marcello e ora guiderò anche la parrocchia di Santa Maria Goretti.”
Cosa significa per te la fede e come la vivi quotidianamente?
“La fede è uno sguardo sulla vita e sulla realtà, uno sguardo abitato da tenerezza e misericordia, con cui riconosco valore e dignità a me stesso e agli altri. Vivere la fede significa corrispondere all’amore ricevuto. Il giorno della mia ordinazione, il Vescovo mi chiese tre cose: ‘Rimani discepolo di Gesù, ama la Chiesa e abita la strada’. Cerco di rendere concrete queste indicazioni ogni giorno.”
Come vedi il ruolo della Chiesa nella società moderna?
“La Chiesa è lo spazio in cui posso fare esperienza di fraternità e comunione, ma anche di custodia nella relazione con Dio. Mi ricorda che faccio parte di una storia più grande, che non sono solo e che ci sono fratelli a sostenermi. In questo senso, la Chiesa è fondamentale per la mia crescita spirituale e personale.”
Come gestisci lo stress e le pressioni del tuo ruolo?
“Il primo segnale è il sonno: se dormo bene, vuol dire che sto bene. Le fatiche e le preoccupazioni sono spesso legate all’ansia da prestazione, ma cerco di ricordarmi che sono uno strumento del Signore. Non è mio compito cambiare la vita delle persone: Dio apre la strada, e io devo solo starci, ridimensionando ansia e paure.”
Come mantieni la tua spiritualità in un mondo in continuo cambiamento?
“È sempre il Signore a chiamarmi e a intercettare la mia vita. Custodisco la spiritualità soprattutto attraverso la preghiera e un cuore docile, attento e aperto all’ascolto.”
Qual è il ruolo della parrocchia nella comunità?
“La parrocchia è la soglia attraverso cui le persone possono entrare ed uscire liberamente, un luogo di incontro, condivisione e fraternità. È un cantiere aperto, dove ci si mette in gioco, si cade e ci si rialza, e dove si può sperimentare la bellezza della comunità cristiana.”
Quali sono le sfide principali della tua parrocchia oggi?
“La sfida è affrontare i cambiamenti senza farsi schiacciare dalle paure: perdita di identità, paura dei numeri, paura di non essere più degni dell’amore di Dio. La chiave è custodire e lasciarsi custodire dalla Parola di Dio, dai sacramenti e dalla carità, con un’attenzione particolare all’amore e all’amicizia con i poveri.”
Quali temi teologici ritieni più importanti oggi?
“L’antropologia, cioè la comprensione di chi è l’uomo. La vera teologia non può prescindere dalla domanda sull’uomo, perché la sua dignità e libertà sono il riflesso del disegno di Dio. Senza comprendere l’uomo, non si può comprendere Dio.”
Come vedi il rapporto tra la Chiesa e le altre religioni?
“Lo vedo come un rapporto tra fratelli: ognuno unico, con bellezze e fragilità. Gesù Cristo rimane il centro della mia vita, ma ciò non impedisce di riconoscere e rispettare la ricerca di Dio anche negli altri. Il dono che abbiamo ricevuto è l’amore di Cristo, da custodire e vivere senza imporlo sugli altri.”
Cosa ti dà più gioia nel tuo ministero?
“Vedere come Dio agisce nella vita delle persone, come ama, guarisce e risolleva. La mia gioia nasce dal sentire le tenerezze e l’amore di Dio attraverso le persone: le mie fragilità diventano strumenti del suo amore.”







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