“Riconosciamo che la Sindone rappresenta – al di là della questione della sua origine e prescindendo dalle proprie convinzioni su di essa – un oggetto di straordinaria potenza comunicativa ed evocativa. Il cui innegabile rimando alla Passione di Cristo ne fa una realtà unica dal punto di vista religioso. Con enormi potenzialità pastorali e spirituali. Ma anche con la capacità di suscitare l’interesse intellettuale degli studiosi di tante discipline. Credo soprattutto opportuno che si cessi di brandire la Sindone l’un contro l’altro armato. Ma ci si sforzi, pur nella legittima convinzione personale derivata dai propri studi e conoscenze, di riconoscere nella Sindone una realtà che supera le sterili contese”. Lo sostiene Gian Maria Zaccone, direttore del Centro internazionale di studi sulla Sindone, in un’intervista pubblicata sul sito web dell’Agenzia giornali diocesani a seguito delle recenti notizie tendenti ad avvalorare una realizzazione medievale della Sindone.
Nel ribadire “la necessità che le notizie che i documenti ci tramandano vengano valutate e collocate nel contesto storico in cui esse nascono”, Zaccone spiega: “Non provo alcun particolare trasporto per la questione della cosiddetta ‘autenticità’, che per altro mi affascina intellettualmente. Poiché la ritengo poco pertinente al tema che, come ricercatore, mi interessa”. “Ci troviamo storicamente di fronte ad un oggetto insolito”, osserva: “Che, per il credente, la Provvidenza ha posto sulla strada degli uomini. Perché in esso e con esso si confrontino attraverso gli occhi del corpo e dello spirito. Per cogliere quel legame, questo sì autentico, con la narrazione evangelica. Quale specchio del Vangelo, come definì la Sindone san Giovanni Paolo II. Il riflesso dunque della Parola, della Verità: non la Verità”. “È questa – prosegue – la base per cui si può definire la Sindone con il termine icona – autorevolmente adottato da Benedetto XVI, ma già utilizzato dal cardinal Ballestrero. E per questo molto criticato, al momento di annunciare gli esiti della radiodatazione con il metodo del C14. Una definizione di una realtà che si discosta nettamente dal più semplice concetto di imago. È una lezione che dobbiamo apprendere dai nostri fratelli Ortodossi. Confondendo i due termini – e la loro portata e significanza teologica – ci si allontana di molto dalla comprensione della Sindone nella sua sostanziale realtà”. “Come insegna da sempre la Chiesa, l’onore nei confronti dell’immagine, come della reliquia, non va alla rappresentazione ma al rappresentato”, ammonisce Zaccone, ricordando che “milioni di persone si sono inchinate di fronte a quell’immagine. Attraverso di essa hanno meditato sull’incarnazione, morte e resurrezione di Cristo. O anche solo sulla devastazione dell’odio e della sopraffazione. L’hanno raffigurata e diffusa, certo non spinti da una costrizione. Hanno invocato colui che in essa è raffigurato nei momenti di difficoltà come le guerre e le pestilenze”.
Davanti alla Sindone, sostiene, “l’importante è non perdere di vista il messaggio, profondamente cristologico e devozionale di quell’immagine”. Per questo, aggiunge, “difendo la libertà e saggezza della Chiesa di proporre, e non imporre, la Sindone all’attenzione dei fedeli. Di mantenersi ai margini della querelle scientifica. E di conservare con onore [la posizione] che ha rappresentato un punto di riferimento per tanti fedeli. La stessa che nella storia è stata da essi sostenuta nei momenti di maggiori crisi, spesso nate all’interno della Chiesa da posizioni in un certo modo elitarie”.




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