ARQUATA DEL TRONTO – Anche quest’anno, la Vicaria della Montagna della Diocesi di Ascoli Piceno ha invitato tutti a vivere un’esperienza importante: la Marcia di Meditazione, che si è svolta venerdì 1° agosto 2025, lungo il cammino da Trisungo a Borgo di Arquata.

È stato un percorso semplice ma ricco di significato, pensato per unire il silenzio del cuore con la voce della speranza. Non è stata solo una camminata, ma un tempo di preghiera, riflessione e condivisione, vissuto insieme come comunità in cammino.

La marcia si è ispirata al messaggio di San Paolo: «La speranza poi non delude, perché l’amore di Dio è stato riversato nei nostri cuori per mezzo dello Spirito Santo che ci è stato dato» (Rm 5,1-2.5)

Guidati da queste parole, ci siamo messi in cammino come pellegrini di speranza, portando nei nostri passi il desiderio di diventare costruttori di pace, nel segno del Perdono di Assisi. Durante la serata è stata offerta la possibilità di ricevere l’indulgenza plenaria, un dono spirituale che ha dato ancora più profondità al senso del nostro andare.

La serata si è aperta alle 20.20 con il ritrovo a Trisungo, dove i partecipanti si sono raccolti in un clima di attesa e raccoglimento. Alle 20.30 è iniziata la marcia vera e propria, un cammino silenzioso e meditativo verso Borgo di Arquata, illuminato dalla luce delle fiaccole e dallo spirito condiviso dei pellegrini.

Intorno alle 21.30, una volta giunti presso la chiesa del Borgo, si è tenuto un momento di silenzio e uno spazio dedicato alle confessioni, che ha permesso a molti di aprire il cuore e riconciliarsi.

La serata ha raggiunto il suo culmine alle 22.00 con la celebrazione della Santa Messa, vissuta in un clima di profonda partecipazione, preghiera e raccoglimento.

La marcia si è svolta in un luogo tanto segnato dalla sofferenza — il territorio del sisma — quanto carico di memoria e futuro. Un’occasione preziosa per fermarsi, ascoltare, ritrovare se stessi e riscoprire la forza della fede, che cammina anche nelle ferite, trasformandole in ponti di pace.

L’omelia del Diacono Luca Antonini

Durante la celebrazione della Santa Messa, il Diacono Luca Antonini ha offerto una riflessione che ha accompagnato i partecipanti nel cuore del mistero della misericordia di Dio.

Con parole semplici ma profonde, ha detto: “È stata una grande gioia per me essere qui insieme a voi. È stato bello camminare insieme, come fratelli, come comunità. Non so se ci avete fatto caso, ma mentre salivamo sembrava che le nostre anime fossero tante piccole fiammelle che rischiaravano la notte. E ascoltando le meditazioni abbiamo avuto il tempo di guardarci dentro.

E lì, nel nostro cuore, abbiamo scoperto che la nostra umanità, la nostra fragilità, le nostre paure… sono abitate dalla speranza. E questa è una notizia meravigliosa. Perché allora possiamo mettere tutto nelle mani della misericordia di Dio, come ci diceva Don Emanuele.

Gesù è il luogo del nostro incontro con Dio, non della condanna. È il buon samaritano che si china su di noi, cura le nostre ferite e ci porta alla locanda della salvezza.

Francesco d’Assisi questo lo aveva capito bene. Quando chiese a Papa Onorio III la “Perdonanza”, non chiese nulla per sé, ma per tutti quelli che, come lui, si riconoscevano peccatori e bisognosi della misericordia di Dio.

Francesco, nella sua visione, vide Gesù e Maria avvolti nella luce e, umilmente, chiese: “Poiché io sono un misero peccatore, o Dio misericordioso, chiedo il tuo cuore per tutti i miei fratelli che si riconosceranno tali”.

Ecco cosa significa misericordia: l’incontro tra la miseria dell’uomo e il cuore grande di Dio.

I giusti non sono quelli che non sbagliano, ma quelli che riconoscono i propri errori e non giudicano gli altri, perché hanno sperimentato su di sé la misericordia.

Anche noi, come Francesco, possiamo diventare luoghi di luce: come la Porziuncola illuminata dalla visione, anche la nostra anima si illumina quando accoglie Dio.

Questa è la speranza che non delude: fondata sull’amore e sulla misericordia di Dio. Che ciascuno di noi possa tornare a casa con questa fiamma accesa nel cuore, con la consapevolezza di essere un figlio amato”.

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