MONTEPRANDONE – Sollecitata dal vescovo Gianpiero Palmieri, la scorsa settimana la Chiesa del Piceno ha effettuato gli incontri di Vicaria, con un focus particolare sui Consigli Pastorali parrocchiali (CPP).
L’obiettivo degli appuntamenti vicariali, che sono rivolti non solo ai presidenti bensì a tutti i componenti dei CPP (compresi i parroci), è duplice:
- illustrare la finalità dei Consigli Pastorali parrocchiali, che, secondo le indicazioni contenute nel Documento finale del Sinodo dei Vescovi 2024, sono principalmente tre: il discernimento comunitario, la cura dei processi decisionali e l’impegno a rendere conto del proprio operato;
- spiegare e sperimentare il metodo con cui i Consigli Pastorali parrocchiali sono chiamati a prendere le decisioni, ovvero il metodo della “Conversazione nello Spirito Santo”, che in alcune parrocchie risulta già collaudato mentre in altre rappresenta una vera e propria novità.
Per raccontarvi al meglio questo momento importante che la Chiesa Picena sta vivendo, pubblicheremo alcuni articoli di approfondimento, a partire dal racconto di due incontri vicariali, uno per ogni Diocesi.
Il Risorto al centro della vita:
la Parola di Dio e il suo potere di santificare e trasformare il cuore umano
Per la Diocesi di Ascoli Piceno, abbiamo seguito l’incontro della Vicaria della Vallata (leggi qui l’articolo: https://www.ancoraonline.it/2025/11/22/come-cambiano-i-consigli-pastorali-parrocchiali-nelle-diocesi-del-piceno-scopriamolo-grazie-a-don-gian-luca-pelliccioni/.
Per la Diocesi di San Benedetto del Tronto – Ripatransone – Montalto, abbiamo seguito l’incontro della Vicaria “San Giacomo della Marca“, che si è tenuto Giovedì 20 Novembre 2025, alle ore 21:00, presso la chiesa Regina Pacis in Centobuchi di Monteprandone e i relativi locali parrocchiali.
A salutare i convenuti è stato il vicario foraneo, don Anselmo Fulgenzi. Dopo un canto comunitario di invocazione allo Spirito Santo, don Don Juvénal Lukumbusho Mukamba ha letto e poi meditato la celebre Prima Lettera di San Paolo apostolo ai Corinzi (1Cor 1, 26-31): “Paolo scrisse questa lettera al termine del suo soggiorno a Efeso, dopo un lungo viaggio missionario attraverso la Grecia e il Mar Egeo. L’apostolo Paolo aveva fondato la Chiesa di Corinto, che era composta da Ebrei e Greci, il che la rendeva particolarmente vulnerabile alle influenze pagane circostanti. Pochi anni dopo la sua partenza, apprese notizie preoccupanti al suo riguardo: la Chiesa di Corinto soffriva di problemi di divisione, conflitto e scandalo, tra cui un caso di incesto, oltre a questioni teologiche e morali; i doni spirituali venivano usati indiscriminatamente e regnava una generale confusione sulle principali dottrine cristiane. Paolo scrisse quindi la sua prima lettera ai Corinzi per ricostruire la Chiesa di Corinto sul giusto fondamento: Gesù Cristo. Nel primo capitolo della lettera, Paolo mette in guardia contro le divisioni all’interno della Chiesa e sottolinea l’importanza dell’unità tra i suoi membri. Sottolinea che la Chiesa è una comunità incentrata su Gesù e che le rivalità devono essere respinte. Evidenzia inoltre l’importanza della croce come messaggio di salvezza e denuncia la ricerca della sapienza mondana. Paolo contrappone la ‘sapienza di questo mondo’, spesso ritenuta insufficiente, alla ‘sapienza di Dio’, che consiste nel proclamare la croce di Cristo – un messaggio che può sembrare follia al mondo, ma che è la potenza stessa di Dio per la salvezza. Paolo ci ricorda che i leader della Chiesa, a cui possiamo credere di appartenere, sono servitori di Cristo e che l’unico centro della Chiesa è Gesù Cristo. Esorta quindi i Corinzi a non vantarsi degli uomini, ma a ricordare che tutti sono battezzati in Cristo. Per Paolo, l’efficacia della salvezza non risiede nei discorsi eloquenti, ma nella proclamazione della croce, che è il fondamento della fede cristiana. Il testo invita all’umiltà, poiché Paolo spiega che Dio ha scelto ciò che è debole e stolto agli occhi del mondo, per confondere i forti e i sapienti, affinché nessuno possa vantarsi di fronte a lui”.
Dopo aver illustrato il contesto storico, culturale e spirituale in cui la Prima Lettera di San Paolo ai Corinzi viene scritta, don Juvénal ha sottolineato l’attualità di quella Parola al giorno d’oggi: “Molti dei problemi e degli interrogativi che la Chiesa di Corinto affrontò sono ancora attuali. Le Chiese odierne lottano ancora contro divisioni, immoralità e uso improprio dei doni spirituali. Faremmo quindi bene a prestare attenzione agli avvertimenti di Paolo e ad applicarli alle nostre vite. Nonostante i rimproveri e le correzioni, la Prima Lettera ai Corinzi riporta la nostra attenzione dove dovrebbe essere: su Cristo. Il vero amore cristiano è la soluzione a molti problemi. Una corretta comprensione della Risurrezione di Cristo – e quindi della nostra risurrezione – è il rimedio a tutto ciò che ci divide e ci ostacola. Nel brano che abbiamo letto, Paolo conclude che Cristo stesso è la sapienza di Dio e che è in Lui che i credenti trovano la loro giustizia, santità, redenzione e unità. I cristiani allora sono chiamati a rimanere uniti a Cristo, che è l’unico capo della Chiesa. Ciò significa che Cristo deve essere al centro della vita delle nostre comunità parrocchiali, al centro della nostra vita familiare e ovunque i cristiani lavorino. Cristo è anche la Parola di Dio fatta carne; è la Parola di Dio. Questa Parola deve quindi essere la luce per le nostre vite, il nutrimento per le nostre famiglie e le nostre comunità parrocchiali. Nonostante i problemi nella chiesa di Corinto, Paolo sottolinea il potere della Parola di Dio di santificare e trasformare il cuore umano, affinché i credenti possano superare le divisioni e ogni tipo di comportamento che non sia in linea con la volontà di Dio. È quindi importante, necessario ed essenziale porre la Parola di Dio al centro della vita comunitaria, affinché possiamo vivere in armonia, concordia e pace. Solo così il nostro cammino sinodale può avere un significato comprensibile e coerente”.
Cambiare il nostro modo di esserci:
consigli pratici su come rinnovare i Consigli Pastorali parrocchiali
A seguire sono stati approfonditi i paragrafi 79 – 108 del Documento del Sinodo dei Vescovi 2024 che riguardano il discernimento comunitario, la cura dei processi decisionali e l’impegno a rendere conto del proprio operato e a valutare l’esito delle decisioni assunte.
Ad illustrare sapientemente gli argomenti è stato don Vincent Chukwumamkpam Ifeme, il quale ha detto: “Siamo chiamati ad un grande cambiamento. Secondo me, un cambiamento molto ambizioso ma necessario, che realizzi concretamente quella corresponsabilità a cui tutti noi cristiani siamo chiamati, clero e laici. Siamo chiamati a rivedere i componenti e le funzioni dei nostri Consigli Pastorali parrocchiali. Nella lunga lettera che ci ha scritto – e che vi invito a leggere, se non lo avete già fatto -, il nostro vescovo Gianpiero (n.d.r. Palmieri) ha indicato in modo molto riassuntivo le tre funzioni dei Consigli partecipativi, Consiglio Pastorale e Consiglio degli Affari Economici.
- I Consigli siano luoghi di discernimento comunitario.
Il CPP è chiamato ad essere un luogo di ascolto della Parola, guidato dalla preghiera: questo deve divenire un modus operandi costante ed inderogabile, non una tecnica organizzativa, bensì una pratica spirituale che siamo chiamati a vivere per poter discernere quale sia la volontà di Dio. Quest’ultima va compresa non secondo criteri umani, come potrebbe essere la maggioranza democratica, bensì nell’ascolto di cosa lo Spirito suggerisce alla Chiesa, cosicché, quando prende una decisione, il Consiglio Pastorale possa dire davvero: ‘Noi e lo Spirito Santo abbiamo deciso‘. - I Consigli siano luoghi di cura o di articolazione dei processi decisionali dove si fa maturare il consenso tra i fedeli.
Il CPP è chiamato ad essere un luogo in cui i fedeli prendono decisioni importanti e vincolanti per la comunità. Al riguardo, si va verso un aggiornamento del Diritto Canonico, che definisca il Consiglio Pastorale non più soltanto come consultativo ma deliberativo o che comunque allarghi l’interpretazione di cosa si intende per consultativo. Questo è forse il cambiamento più innovativo: il sacerdote presiede e rimane garante delle decisioni dei fedeli, ma le decisioni vanno prese fedeli sulla base del Vangelo, di quello che lo Spirito suggerisce e non sulla base di interessi personali. - I Consigli siano il luoghi di rendicontazione dell’operato e valutazione delle decisioni assunte comunitario.
Il CPP è chiamato ad avere anche una funzione di verifica su qualunque cosa si decida di fare e anche a rendere conto in modo trasparente quanto ha deciso. Questo va fatto con verità, chiarezza, lealtà, onestà, integrità, senza ipocrisia, opacità, ambiguità o secondi fini.
Da tutto quello che ho appena detto, si evince che siamo chiamati non solo a rinnovare le persone che fanno parte dei Consigli Pastorali parrocchiali, ma anche a cambiare il nostro modo di esserci. Non dico che questo sia semplice, sia perché occorre una formazione della cultura dei fedeli, sia perché è difficile riconoscere e scegliere le persone che abbiano le caratteristiche necessarie per attuare questi cambiamenti. Ma possiamo contare su alcune linee guida. Nel riformare il Consiglio Pastorale parrocchiale nelle nostre comunità, noi parroci abbiamo il dovere di scegliere persone che abbiano il carisma del discernimento:
- persone di fede che sanno fare non secondo criteri umani, ma secondo il criterio di Dio, ovvero che siano aperte all’ascolto di quello che lo Spirito Santo sta chiedendo alla Chiesa del nostro tempo;
- persone che sanno discernere la volontà del Signore e con questa espressione – come ha detto il nostro vescovo nella lettera che ci ha inviato – non si intendono affatto persone troppo prudenti; al contrario, in questa fase sono necessarie persone coraggiose ed audaci;
- persone capaci di interpretare questi cambiamenti e di camminare insieme per metterli in atto in modo coraggioso.
Questa è la sfida che ci attende! Il Sinodo ci ha regalato un metodo concreto per vivere i momenti di decisione, di discernimento, basato sull’ascolto dello Spirito Santo, che è la ‘Conversazione nello Spirito Santo‘, che per noi deve rappresentare un faro per ogni processo decisionale del nostro futuro”.
Tavoli sinodali
Il metodo della “conversazione nello Spirito Santo”
L’incontro è proseguito con la costituzione di alcuni tavoli sinodali. A piccoli gruppi, di 7 o 8 persone, i presenti si sono divisi in stanze diverse per riflettere sul tema scelto: “Come mettiamo la Parola di Dio al centro della vita delle comunità cristiane?”.
In ogni gruppo le persone presenti hanno riflettuto sull’argomento attraverso il metodo della “Conversazione nello Spirito Santo“, guidati da un capogruppo scelto dalle parrocchie, precisamente uno per ogni comunità.
- nel primo giro ognuno ha avuto circa 3 minuti per rispondere alla domanda, mentre i referenti hanno tenuto il tempo;
- nel secondo giro ognuno ha sottolineato l’intervento altrui che lo ha colpito maggiormente, mentre i referenti hanno controllato che nessuno evidenziasse la propria opinione, bensì quella di un altro componente del gruppo;
- nel terzo giro i componenti del gruppo, tutti insieme, hanno cercato di trovare il consenso su ciò che, secondo loro, lo Spirito Santo stesse ispirando al gruppo, mentre i referenti lo hanno annotato su un foglio.
Nell’ultima parte dell’incontro non c’è stato tempo per fare sintesi di quanto vissuto nei singoli tavoli sinodali, quindi i referenti di ogni gruppo, scelti come facilitatori, sono stati invitati ad inviare via mail, nei giorni successivi, la sintesi emersa.
La parola ad un giovane:
le riflessioni di Leonardo Curzi
Leonardo Curzi, unico giovane presente alla serata, ai nostri microfoni ha affermato: “L’incontro è stato certamente utile, soprattutto nella parte in cui don Vincent ci ha illustrato i punti del Documento del Sinodo dei Vescovi 2024. Onestamente è stato il momento che ho trovato più interessante, perché si è parlato in maniera diretta di come dovrebbero essere nel concreto i Consigli Pastorali parrocchiali e molti spunti di riflessione ci hanno interrogato su quella che dovrebbe essere la corresponsabilità tra sacerdoti e laici nella vita delle comunità e nella gestione ed organizzazione delle comunità stesse.
Per quanto riguarda il metodo della ‘Conversazione nello Spirito Santo‘, ritengo sia molto efficace ed apra a delle prospettive ampie di discernimento. Tuttavia, a volte secondo me, potrebbe essere complesso ricorrere a questo strumento all’interno dei Consigli Pastorali parrocchiali, soprattutto per via del fatto che essi spesso sono composti da parecchie persone e non tutti hanno la stessa sensibilità, anche dal punto di vista spirituale.
Nei lavori di condivisione, inoltre, è emerso che spesso i Consigli Pastorali parrocchiali si riducono ad essere luoghi del fare, in cui si pensano iniziative e si decide come devono essere fatte, ma ci si sofferma poco sulla spiritualità, sul motivo per cui certe iniziative dovrebbero essere fatte, sul senso che sta alla base di una proposta, di un evento, di un cammino. Non si utilizza mai questo tipo di conversazione su come immaginiamo la Chiesa. Quindi mi sento di dire che forse c’è un percorso di formazione urgente che merita di essere portato avanti con costanza e competenza. Se davvero vogliamo arrivare a questo cambiamento su come le decisioni vengono prese all’interno della Chiesa, quindi in un’ottica di discernimento più spirituale e meno legato alle cose da fare, bisogna certamente formare i Consigli Pastorali parrocchiali in un primo momento, ma poi bisogna riuscire a formare anche, in qualche modo, il resto delle comunità parrocchiali, che spesso non conoscono il metodo della ‘Conversazione nello Spirito Santo’ oppure lo conoscono, ma non lo considerano uno strumento utile.
Il bilancio dell’incontro vicariale che abbiamo fatto, considerando che è la prima volta che si svolge secondo questo stile, credo sia senza dubbio positivo. Forse sarebbe auspicabile una maggiore partecipazione, sia dei preti sia degli attuali componenti dei Consigli Pastorali parrocchiali sia di altri fedeli che andrebbero già individuati all’interno delle comunità, visto che si va verso il rinnovo di questi organismi. Sarebbe molto utile che a questi incontri partecipassero anche queste nuove persone, così da essere formate e pronte a partire sulla via di questo rinnovamento, che è sì dello stile, ma anche e soprattutto di prospettiva. La forma della partecipazione diventa anche sostanza: voglio dire che lo stile sinodale non è solo un nuovo metodo su come tenere gli incontri, bensì è l’espressione di un cambiamento più profondo che riguarda il nostro modo di essere Chiesa, di prendere le decisioni e di partecipare in maniera corresponsabile al progetto di Dio di realizzare il Suo Regno”.