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Come cambiano i Consigli Pastorali parrocchiali nelle Diocesi del Piceno? Scopriamolo insieme a don Gian Luca Pelliccioni

PAGLIARE DEL TRONTO – Sollecitata dal vescovo Gianpiero Palmieri, in questi giorni la Chiesa del Piceno sta effettuando gli incontri di Vicaria, con un focus particolare sui Consigli Pastorali parrocchiali (CPP).

L’obiettivo degli appuntamenti vicariali, che sono rivolti non solo ai presidenti bensì a tutti i componenti dei CPP (compresi i parroci), è duplice: 

  • illustrare la finalità dei Consigli Pastorali parrocchiali, che, secondo le indicazioni contenute nel Documento finale del Sinodo dei Vescovi 2024, sono principalmente tre: il discernimento comunitario, la cura dei processi decisionali e l’impegno a rendere conto del proprio operato;
  • spiegare e sperimentare il metodo con cui i Consigli Pastorali parrocchiali sono chiamati a prendere le decisioni, ovvero il metodo della “Conversazione nello Spirito Santo”, che in alcune parrocchie risulta già collaudato mentre in altre rappresenta una vera e propria novità.

Per raccontarvi al meglio questo momento importante che la Chiesa Picena sta vivendo, pubblicheremo alcuni articoli di approfondimento, a partire dal racconto di due incontri vicariali, uno per ogni Diocesi.

La Parola viva, incarnata
La sinodalità: un modo diverso di vivere l’autorità

Per la Diocesi di Ascoli Piceno, abbiamo seguito l’incontro della Vicaria della Vallata, che si è tenuto Martedì 18 Novembre 2025, alle ore 21:00, presso le sale parrocchiali della comunità San Paolo in Pagliare del Tronto.

Ad accogliere i convenuti è stato don Gian Luca Pelliccioni, il quale, dopo aver accompagnato con la chitarra un canto comunitario di invocazione allo Spirito Santo, ha letto e poi meditato la celebre Prima Lettera di San Paolo apostolo ai Corinzi (Cor 2, 1-5): “Paolo scrive questa lettera in un particolare contesto pastorale. Egli ha visto che la comunità vive in un modo non corrispondente alla identità di Chiesa. In questo senso Paolo emerge come autorità e per noi è importante capire come Paolo viva il suo essere autorità, proprio perché la sinodalità è una autorità diversa da come fino ad oggi la Chiesa ha vissuto l’essere autorità. La sinodalità è un modo altro, diverso, condiviso di vivere l’autorità.

Paolo ha come autorità una funzione di coerenza, cioè vede la differenza fra quello che è l’identità della Chiesa e quello che invece sono la vita e le decisioni della comunità. E lui quindi corregge, ma è una correzione fraterna: Paolo predica, esorta, non comanda. Ed è in questo modo che edifica la Chiesa. Si è accorto che le pecore hanno ascoltato la voce di un altro pastore, ma lui sa bene che le pecore riconoscono la voce del pastore. Allora come fa? Prima di tutto va alla sorgente. Dove è fondata la loro fede? Dove è fondato l’essere comunità? Non tanto su una parola, su dei concetti, su dei discorsi buoni, ma sull’evento Parola-Gesù Cristo risorto, perché la Parola si è fatta carne. Quindi su Gesù Cristo, la persona, la Parola viva e vivente, che è l’autorità nella Chiesa. Ecco perché San Paolo è servo nel suo essere autorità, ministro, mediazione dell’autorità presente, viva ed efficace di Cristo in ogni oggi della storia della Chiesa. In più San Paolo rimanda non tanto e solo a una coerenza morale, ma a una testimonianza: la Parola della croce indica l’efficacia e la forza di salvezza di Dio che parla, di Cristo, persona vivente, che agisce, ma anche la trasformazione delle persone come tempio dello Spirito Santo. La Parola è evento. E Paolo alla fine dice: ‘Seguite Cristo!’, perché ‘Noi abbiamo il pensiero di Cristo’. Cristo è vivo e parla ora, a me e a te“.

Tavoli sinodali
Il metodo della “conversazione nello Spirito Santo”

L’incontro è proseguito con la costituzione di alcuni tavoli sinodali. A piccoli gruppi, di 7 o 8 persone, i presenti si sono divisi in stanze diverse per riflettere sul tema scelto: Come una comunità cristiana può ancora di più mettere al centro della sua vita la Parola di Dio?”.

In ogni gruppo, grazie alla guida sapiente di alcuni facilitatori, le persone hanno riflettuto sull’argomento scelto attraverso il metodo della “Conversazione nello Spirito Santo“:

  • nel primo giro ognuno ha avuto circa 3 minuti per rispondere alla domanda, mentre i facilitatori hanno tenuto il tempo;
  • nel secondo giro ognuno ha sottolineato l’intervento altrui che lo ha colpito maggiormente, mentre i facilitatori hanno controllato che nessuno evidenziasse la propria opinione, bensì quella di un altro componente del gruppo;
  • nel terzo giro i componenti del gruppo, tutti insieme, hanno cercato di trovare il consenso su ciò che, secondo loro, lo Spirito Santo stesse ispirando al gruppo, mentre i facilitatori lo hanno annotato su un foglio, così da poterlo poi condividere con tutti gli altri gruppi, una volta riunitisi nuovamente nel salone principale.

“Noi abbiamo il pensiero di Cristo”
Il discernimento: associarci con il Signore e quindi con i fratelli

Nell’ultima parte dell’incontro si è cercato di fare sintesi di quanto vissuto.

In merito ai contenuti, i facilitatori di ogni gruppo hanno condiviso in maniera molto sintetica quanto emerso in ciascun tavolo sinodale come ispirato dalla Spirito Santo.

Il primo gruppo ha sottolineato alcune parole chiave che potessero riassumere quanto emerso nel tavolo sinodale: “incontro, testimonianza, servizio, conoscenza, amore e preghiera“.

Il secondo gruppo ha sintetizzato l’esito della riflessione con una frase. “Non è tanto il fare, ma l’essere. E l’essere passa attraverso la conoscenza di Cristo: conoscendo Lui, conosci te stesso, conosci il suo amore e quindi vai incontro all’altro. Nella quotidianità quindi l’altro va incontrato nella verità e nel non giudizio, come testimoni di un amore che si porta dentro“.

Il terzo gruppo ha evidenziato che “una comunità cristiana metta al centro della sua vita la Parola di Dio, quando rimette al centro la vita. Ragionando sull’esempio di Zaccheo, ci siamo pensati un po’ come il sicomoro, che fa da strumento tra Zaccheo e il nostro Signore“.

Il quarto gruppo, infine, si è focalizzato sull’“importanza di incontrare l’altro, di mettersi a disposizione dell’altro, di farsi prossimo con un gesto di accoglienza, per trasformare la Parola di Dio in atto concreto di vita. Un Parola prima ascoltata e poi incarnata”.

In merito allo stile usato, don Gian Luca Pelliccioni ha chiesto ai presenti come si sono trovati nello sperimentare il metodo della “Conversazione nello Spirito Santo” e le risposte avute sono state tutte molto positive.

Qualcuno ha raccontato di essersi trovato bene, perché non si è sentito giudicato.

Qualche altro ha messo in risalto l’autenticità con cui ognuno ha voluto esprimere il proprio punto di vista.

Qualche altro ancora ha sottolineato l’umiltà con cui ciascuno ha dato il proprio contributo.

Qualcuno infine ha evidenziato la capacità di sintesi dei facilitatori, che in pochi secondi sono riusciti a  riassumere quanto emerso nel confronto di gruppo.

“La Parola è intima – ha spiegato don Gian Luca Pelliccioni -. Ma non tutti sono capaci di questa intimità con Dio. San Paolo dice che la Parola entra come una lama a doppio taglio nelle giunture, nelle midolla. Allora dobbiamo chiederci: siamo disposti a lasciarci trafiggere, nel senso di lasciarci trapassare, attraversare da questa Parola? Gli esercizi spirituali ignaziani prevedono che, alla fine della preghiera, ciascuno si chieda come ha pregato. Perché?!  Perché il cristiano è quello che si responsabilizza. Se non facciamo così, come sta facendo tutta la Chiesa, non funziona. Non si cammina nella vita da adulti. Si cammina da bambinoni che non vivono felici. San Paolo, nel capitolo 2, finisce così: ‘Noi abbiamo il pensiero di Cristo’, intendendo che ci associamo al Cristo che pensa e che parla e che quindi si fa conoscere. Cristo si fa conoscere. Io so il tuo pensiero, solo se tu me lo dici. Sennò è impossibile conoscere l’altro! Ecco perché, se abbiamo il pensiero di Cristo – non l’affermazione, ma il pensiero vivo e vivente, cosa sta pensando adesso Cristo – allora abbiamo il discernimento. Questo è il discernimento: associarci con Lui e quindi con i fratelli. Perché vuol dire che Lui è vivo e vuol dire che Lui si sta rivelando. E stasera voi avete avuto questa sensazione”.

Don Gian Luca Pelliccioni ha infine illustrato i paragrafi 79 – 108 del Documento del Sinodo dei Vescovi 2024.

La serata si è conclusa con un canto comunitario, tra abbracci e sorrisi cordiali.

La parola ad un giovane: le riflessioni di Giovanni Mascitti

Giovanni Mascitti, uno dei pochi giovani presenti alla serata, che è anche l’unico giovane nel Consiglio Pastorale della sua parrocchia, ai nostri microfoni ha affermato: “Stasera ci sono state molte proposte interessanti. In particolare nel mio gruppo abbiamo parlato dei giovani, degli anziani e anche dei più deboli della società, che sono ai margini e che invece andrebbero collocati al centro. Le idee sono belle, ma ora inizia la partita! Bisogna mettere in pratica queste idee ed essere veri testimoni, non solo fermandoci alle parole ma andando avanti con i fatti.
Per quanto riguarda lo stile dell’incontro, per me non era la prima volta che partecipavo ad un tavolo sinodale, quindi mi sono trovato subito bene. Sicuramente, però, riportare in tutte le parrocchie il metodo della ‘conversazione nello Spirito Santo’ non sarà facile. L’abitudine è che il parroco indichi alcune linee pastorali e poi i componenti dei Consigli Pastorali cerchino di individuare insieme alcune iniziative pratiche. Questo stile che abbiamo sperimentato stasera coinvolge maggiormente tutti quanti, ma allo stesso tempo dà maggiori responsabilità e soprattutto richiede più tempo. Immagino che gli incontri saranno più lunghi per permettere a tutti di esprimersi e anche per riflettere e discernere bene quale sia la volontà dello Spirito Santo“.

Carletta Di Blasio: